La Stampa 2.12.16
La scelta del premier: duellare con Grillo
di Marcello Sorgi
La
campagna per il referendum si avvia alla chiusura (oggi è l’ultimo
giorno) nel segno dello scontro tra Renzi e Grillo. Il leader 5 stelle
ha travolto con la sua infaticabile energia tutto il variegato insieme
del fronte del «No» e Renzi lo ha lasciato fare, convinto che alla fine
questa alternativa che da tre anni si propone ad ogni scadenza
elettorale nel voto referendario può spingere più facilmente un parte
degli elettori dei partiti schierati per l’affossamento della riforma a
cambiare schieramento.
Grillo ieri ha annunciato che denuncerà
Renzi per abuso della credibilità popolare perché ha mostrato in tv un
fac-simile della scheda elettorale con la quale, se fosse approvata la
proposta del Pd, verrebbero eletti i membri del nuovo Senato. L’accusa
principe del fronte del «No» contro la riforma infatti è che ridurrebbe
gli spazi di democrazia per i cittadini, impedendogli, in pratica, di
scegliere i senatori, dato che nella prima formulazione del testo
approvato dalle Camere dovrebbero essere individuati all’interno dei
consigli regionali. In sede di discussione parlamentare, però, fu
proprio il senatore Chigi, esponente della minoranza del Pd, ad avanzare
la proposta di far votare contemporaneamente i consiglieri regionali
semplici e quelli destinati al Senato distinguendo le candidature in due
liste diverse. E questo sistema è stato poi fatto proprio dalla
commissione del Pd che ha messo a punto un’ipotesi di cambiamento della
legge elettorale. Ciò ha consentito a Renzi di mostrare in tv il fac
-simile della discordia.
Ma c’è un’altra ragione per cui il
premier in questi ultimi giorni ha scelto di duellare soprattutto con i 5
stelle (Di Maio tra l’altro è tornato a sfidarlo per un faccia a faccia
televisivo che tuttavia non si farà). Nel caso di una vittoria del
«Sì», e con Grillo che comunque si annetterebbe tutti i voti andati al
«No», questo finirebbe con l’accentuare le divisioni interne al
centrodestra, spingendo Berlusconi a negoziare una legge elettorale per
garantire la salvezza all’elettorato moderato di Forza Italia.
Occorrerebbe vedere, a quel punto, come si comporterebbe la minoranza
Pd. Se invece a vincere dovesse essere il «No», e Grillo, com’è
prevedibile, dovesse attribuirsi tutto il merito della vittoria, il
contraccolpo potrebbe manifestarsi alle prossime elezioni politiche, che
il M5s tra l’altro pretenderebbe subito. Con esito capovolto, potrebbe
andare un po’ come accadde nel ’94, con il trionfo di Berlusconi dopo le
elezioni comunali vinte solo da sindaci di sinistra.