La Stampa 15.12.16
Poletti: “Votare in primavera per evitare il referendum”
Il ministro e la paura dei quesiti della Cgil per abrogare il Jobs Act
“Elezioni anticipate scenario probabile”. Poi corregge: “Uno scivolone”
di Alessandro Di Matteo
Elezioni
anticipate anche per evitare il referendum sul Jobs Act: da un paio di
giorni se ne parla talmente con insistenza, nel Pd, che il ministro del
Lavoro Giuliano Poletti non ha avuto esitazioni quando i giornalisti gli
hanno chiesto di commentare il rischio di un bis della sconfitta dello
scorso 4 dicembre: «Se si vota prima del referendum il problema non si
pone. Ed è questo lo scenario più probabile».
Parole che hanno
scatenato un putiferio, anche dentro al Pd, e che Poletti ha provato a
minimizzare: «Non ho invocato il voto anticipato, ho solo fatto l’ovvia
constatazione: qualora si andasse ad elezioni politiche anticipate, la
legge prevede un rinvio dei referendum». In consiglio dei ministri, poi,
Poletti si è giustificato parlando di «scivolata personale» e
assicurando che non si trattava di una uscita concordata.
Il fatto
è che la «scivolata personale» riprende, appunto, un ragionamento che
già da martedì scorso ricorreva nelle conversazioni di tutti i dirigenti
Pd nei corridoi del Parlamento: «Sui voucher possiamo anche intervenire
con una legge prima del referendum - ragionava un autorevole esponente -
ma la parte sull’articolo 18 non si può correggere. A quel punto,
meglio andare a votare prima per le politiche, non possiamo prendere
un’altra batosta prima delle elezioni. Perché con l’aria che tira
finisce male pure questo referendum». Un’ipotesi concreta, dunque.
L’ultima
parola la dirà la Corte costituzionale l’11 gennaio, sarà allora che si
saprà se il referendum promosso dalla Cgil sarà ammissibile e, quindi,
se si andrà al voto in primavera. Ma il via libera sembra scontato e per
questo nasce la contromossa: elezioni politiche ad aprile, massimo a
giugno, non solo per non lasciare a Lega e M5s il comodo ruolo di
opposizione al governo Gentiloni, ma anche per far slittare il
referendum di un anno ed evitare che prima delle politiche gli italiani
siano chiamati a dire sì o no a un’altra delle riforme simbolo dell’era
Renzi.
Per questo la reazione a Poletti è stata veemente. A
cominciare dalla minoranza bersaniana del Pd: «Più che invocare le urne -
ha replicato duro Roberto Speranza, probabile sfidante di Renzi al
congresso - per evitare il referendum, è necessario intervenire subito
sul Jobs act, a partire dai voucher». Ma è durissimo anche Enrico Rossi,
altro candidato alla segreteria del partito ma molto più dialogante con
Renzi: «Dire che si vogliono fare le elezioni prima per evitare il
referendum sul Jobs Act voluto dalla Cgil è una provocazione che non
deve essere neppure pensata, un suicidio per il Pd».
Ma negativi
sono anche i commenti che arrivano dagli altri partiti. Per Stefano
Fassina, di Sinistra italiana, l’idea di elezioni per rinviare il
referendum è «l’ulteriore conferma della distanza dal Paese reale del
Governo Renzi-bis come della sua precedente versione». E secondo Arturo
Scotto, capogruppo del partito alla Camera, «dalle parti del Pd hanno
paura del giudizio e del voto di milioni di cittadini sulle loro cattive
riforme».
E i toni non cambiano andando a destra del Pd. Gaetano
Quagliariello accusa Poletti di fare «strage del senso delle
istituzioni», mentre per Debora Bergamini di Forza Italia le parole del
ministro «sono un chiaro segnale di paura dopo la sonora sconfitta del 4
dicembre». Infine, Roberto Fico del Movimento 5 stelle la mette così:
«Se andiamo a votare subito, sarà il più grande referendum. E, se
vinciamo alle elezioni noi, il Jobs Act sarà soltanto un ricordo».