La Stampa 14.12.16
Tentazione Renzi: rinviare il Congresso
“Troppi appetiti delle correnti sulle liste”
Gli uomini del segretario: “La minoranza ora non lo vuole” Se si fanno solo le primarie, le candidature sono decise dal leader
di Carlo Bertini
Seduto
su un divano alla Camera insieme a Francesco Verducci, coordinatore dei
«giovani turchi», il presidente del partito Matteo Orfini spiega senza
tante perifrasi lo stato dell’arte: «In una delle Direzioni prima del
voto, si è alzato Roberto Speranza per dire che dopo il referendum
comunque si sarebbe dovuto convocare il congresso. Ora però non mi pare
abbiano fretta di farlo e se loro non vogliono farlo, vuol dire che
vogliono che Renzi resti segretario. Ma è ovvio che se non faremo il
congresso, quando si dovrà votare, si faranno le primarie per chiamare
il nostro popolo ai gazebo per lanciare il candidato del Pd». Ecco
spiegato il perché, quando poco prima si chiedevano lumi ad un ministro
sulla squadra dei sottosegretari, la risposta era quanto mai evasiva:
«Io non sarei così sicuro che ci sarà questo congresso...E in quel caso
la partita dei sottosegretari da lunedì si sgonfia, ci saranno tante
riconferme...». Ecco, se a questo si somma la frase buttata lì da chi di
dovere, «se non facciamo il congresso, le liste per le politiche le
facciamo noi e buonanotte», il cerchio si chiude.
E infatti, il
leit motiv sul congresso che circola fin dalla mattina tra i dirigenti
Dem che riportano il pensiero del capo, alias Matteo Renzi, è «certo, se
poi la minoranza questo congresso non lo vuole...». L’ipotesi che
domenica l’assemblea non decida nulla e che l’accelerazione subisca una
frenata è un fulmine nel cielo non proprio sereno del Pd, che dimostra
come la confusione sia massima sotto il tetto del Nazareno.
Nelle
ultime ore il congresso è entrato nella casella «in forse» e l’unica
cosa certa sono le primarie. Ma solo quelle per la premiership per
lanciare il leader verso le urne, sganciate da quelle per la segreteria,
che potrebbe restare saldamente in mano a Renzi se non si celebrassero
le assise anticipate del partito. Il perché di questo ripensamento, che
azzererebbe la voglia di correre alla resa dei conti con la minoranza,
non sta nella paura di misurarsi con la corrente di Bersani e compagni,
che tra l’altro ancora non ha deciso lo sfidante. Anche perché le linee
telefoniche dei dirigenti ex Ds specie al sud sono intasate dalle voci
di una candidatura a segretario di Michele Emiliano, che spariglierebbe
tutti i giochi a sinistra, inghiottendo sul nascere una candidatura di
Speranza. No, lo stop al congresso poggia - anzi poggerebbe, perché
nulla è ancora deciso - nella scarsa convinzione che sia opportuno
concedere alle correnti della maggioranza renziana l’opportunità di una
conta tra gli iscritti e gli elettori: che potrebbe far lievitare le
loro quote per i posti nelle liste dei candidati alle politiche. A
quanto dicono i ben informati, le correnti Pd che fanno capo a
Franceschini, ma anche alla sinistra pro-Renzi dei Martina, Orfini e
Orlando, non vorrebbero accodarsi in un listone unico, della serie tutti
dietro a Renzi. Ma preferirebbero fare ognuno la sua lista, con il
meccanismo dell’abbinamento al leader. Il quale a questo punto, mangiata
la foglia, valutate le controindicazioni, sta puntando i piedi. Mentre
Renzi è in quel di Pontassieve attaccato al telefono, la grande
incertezza che agita i renziani è del resto dimostrata dall’ordine del
giorno della convocazione dell’assemblea di domenica, «analisi della
situazione politica ed eventuali deliberazioni». Che lascia la porta
aperta a tutto e al contrario di tutto. «Non è detto che ci convenga
fare il congresso, perché le correnti di maggioranza si vogliono
contare», conferma la fonte più sincera tra i renziani in questo
frangente.