Corriere 14.12.16
Renzi frena sul congresso in anticipo
La sinistra vuole le dimissioni e pensa al ticket leader-premier
di Maria Teresa Meli
ROMA
Rischia di sfumare l’ipotesi del congresso anticipato del Pd. Matteo
Renzi sta infatti valutando l’opportunità o meno di andare avanti su
questa strada e non è più sicuro che quella di procedere a tappe forzate
sia la soluzione giusta.
La richiesta di accelerare i tempi delle
assise nazionali era giunta dalla minoranza interna prima dell’esito
referendario. Dopo il voto, Renzi l’aveva fatta propria e riproposta per
«fare chiarezza una volta per tutte dentro il partito». I bersaniani,
però, hanno cambiato idea: non sono ancora pronti per la sfida
congressuale. Alla minoranza manca un candidato su cui trovare un
accordo il più ampio possibile. Anzi, ne mancano due. Già, perché
l’ipotesi è quella di presentare un ticket. Ossia un’accoppiata formata
da un candidato segretario e da un candidato premier. È una vecchia idea
di Bersani, che ieri è stata riproposta dallo stesso ex segretario.
Il
tandem ideale sarebbe costituito da Roberto Speranza ed Enrico Letta ma
non tutti la pensano così e quindi la minoranza ha bisogno di tempo.
Non solo, dopo la vittoria del No al referendum nei circoli del Pd è
montata la protesta contro i bersaniani, accusati di aver contribuito
alla sconfitta del segretario. Perciò in questa fase sarebbe poco
salutare per gli esponenti della minoranza presentarsi davanti agli
iscritti per discutere le loro proposte congressuali.
In questo
contesto di scontro aperto nei confronti del leader è giunta ieri anche
la minaccia di una possibile scissione. Intervistato da Lilli Gruber, a
Otto e mezzo su La7, Roberto Speranza ha lanciato il proprio
avvertimento: «Io sto nel Pd, ma non a tutti i costi, non se diventa il
partito di Renzi».
Insomma, la minoranza gioca duro. Tant’è vero
che per impedire il congresso anticipato minaccia una battaglia a colpi
di regolamento e di ricorsi in tribunale. E questa è una delle ragioni
che hanno spinto Renzi a ripensarci. Il segretario non vuole che il Pd,
già colpito dalla mazzata referendaria, offra all’esterno l’immagine di
un partito chiuso in se stesso, che invece di parlare alla gente si
perde in liti e diatribe.
Ma c’è anche un’altra ragione che spinge
il leader a riconsiderare la sua proposta. Riguarda lo statuto, secondo
il quale per andare al congresso anticipato Renzi si deve dimettere. La
minoranza è pronta ad aprire il fuoco su questo punto: dal tentativo di
far mancare il numero legale all’assemblea nazionale al ricorso al Tar,
i bersaniani sono disposti a usare ogni arma pur di costringere il
leader a dimettersi, come prevede lo statuto. Questa, però, sarebbe una
strada rischiosa per il segretario.
Una parte dei renziani però,
quella più battagliera, è convinta che il leader non debba rinunciare al
congresso anticipato e gli suggerisce di sfidare la minoranza, dare le
dimissioni, e poi far votare all’assemblea nazionale, che è sovrana, un
documento in cui si dice che comunque sarà il segretario dimissionario a
portare il partito alle assise.
Renzi non ha preso ancora una
decisione definitiva a riguardo. Sta soppesando entrambe le soluzioni:
lasciar perdere le assise, «sparire per qualche mese» per poi tornare e
riprendere una «campagna d’ascolto» tra la gente o andare alla resa dei
conti in tempi brevi?
Il segretario ha qualche giorno per rifletterci, ma l’altra sera il pendolo renziano oscillava verso la rinuncia al congresso.