mercoledì 14 dicembre 2016

La Stampa 14.12.16
Il rischio per il governo è finire bersaglio di propaganda
di Marcello Sorgi

Il governo Gentiloni ha esordito alla Camera in un clima difficile, con 5 stelle e leghisti che disertavano l’aula, preferendo riunirsi fuori Montecitorio in manifestazioni di piazza. Perfino la proverbiale pazienza di ferro del nuovo premier ha lasciato spazio, di tanto in tanto, a qualche espressione di sofferenza, come appunto se fosse consapevole delle difficoltà crescenti che stanno accumulandosi sul suo cammino, con le opposizioni che hanno ripreso a tutta forza la campagna elettorale. Qualche dubbio sul modo in cui la crisi s’è conclusa e la lista dei ministri dell’esecutivo “fotocopia” è stata formata traspariva anche dal folto gruppo dei deputati Pd. Che sciamava di tanto in tanto nel Transatlantico, commentando a voce alta l’esito delle cose e in particolare il ritorno al governo della Boschi e di Lotti, in ruoli accresciuti rispetto a quelli che rivestivano accanto a Renzi.
La tesi che ha portato l’ex-premier e attuale leader Pd a questa decisione è quella enunciata dal suo braccio destro in un tweet e confermata dal segretario in apertura della direzione del partito all’indomani dei risultati del 4 dicembre: ripartire dal quaranta per cento dei “Si” perché quello, a giudizio di Renzi e dei renziani, è un elettorato omogeneo che non ha digerito la sconfitta e aspetta la rivincita. Va da sè che per quella parte di elettori la Boschi non meritava di pagare, ma al contrario l’onore della battaglia. E in un governo nato per rimediare alle conseguenze di quanto è accaduto nelle urne, secondo questa impostazione, l’ex-ministra delle riforme aveva tutto il diritto di esserci.
Ma siamo sicuri di non aver offerto un bersaglio in più ai nostri avversari? La domanda che sale dalla pancia del Pd è questa ed è legata all’atmosfera del Palazzo assediato dai manifestanti: perché mentre Renzi riflette e prepara il suo rientro in scena, a bordo del camper che dovrebbe riportarlo in giro per l’Italia, come nelle precedenti primarie, anche gli altri, Grillo e Salvini, non stanno certo fermi.
Il rischio più immediato per il governo appena nato, e per Gentiloni impegnato in un arduo lavoro di ricucitura delle ferite lasciate da mesi e mesi di braccio di ferro sul referendum, è di trovarsi subito al centro di una nuova campagna e di una serie di scontri di propaganda che avvelenano ogni confronto, prima ancora di poter mettere mano ai problemi più urgenti, che costituiscono, alla fine, la ragione stessa per cui il governo è nato.