Corriere 14.12.16
Il potere delle deleghe
Lotti avrà il Cipe, De Vincenti i fondi Ue delle deleghe
È nelle competenze il peso dei renziani dentro l’esecutivo
di Lorenzo Salvia
ROMA
«Quando sono entrato nella stanza dei bottoni mi sono accorto che i
bottoni non c’erano», diceva Piero Nenni, ricordando la sua nomina a
vicepresidente del Consiglio. Sarà che sono passati più di 50 anni, ma i
bottoni ci sono eccome. Si chiamano deleghe, sono le competenze di chi
siede a Palazzo Chigi e nei ministeri. Disegnarne la mappa significa
studiare la geografia del potere nel nuovo governo post referendum.
Prima, di fatto, era tutto nelle mani di Matteo Renzi e del suo «giglio
magico». Adesso?
Molti bottoni, ma non tutti, restano sotto il
controllo dei suoi fedelissimi. Luca Lotti è diventato ministro dello
Sport, e questo gli consentirà di partecipare di persona a tutte le
riunioni del governo. Di controllarle, dicono i maligni. Ma ha pure la
delega chiave sul Cipe, il Comitato per la programmazione economica che
dà l’ok alle spese strategiche, e sull’editoria, con tutti i decreti
attuativi di una riforma appena approvata. Non ha la delega sui servizi
segreti, per la quale era in corsa. E che invece resta nelle mani del
premier, Paolo Gentiloni. Anche se nei fatti sarà gestita in
coabitazione con il nuovo ministro dell’Interno Marco Minniti, che l’ha
avuta sia nel governo Letta sia in quello Renzi. E che dal Viminale ha
il coordinamento del Casa, il Comitato di analisi strategica
antiterrorismo.
Dopo Lotti, Maria Elena Boschi. Come
sottosegretario a Palazzo Chigi avrà la funzione di segretario del
Consiglio dei ministri. La traduzione migliore è la battuta che circola
in queste ore nel Palazzo: «Ha la delega al sì e al no». Stavolta il
referendum non c'entra. L’ex ministro non solo parteciperà a tutte le
riunioni di governo. Controllandole, dicono i maligni, e controllando
pure Lotti, dicono quelli ancora più maligni. Ma avrà un ruolo-chiave
nel decidere l’agenda del consiglio dei ministri. Cosa va, cosa non va.
Il sì e il no. Un compito che di solito non agevola rapporti gioviali ed
espansivi con i ministri: ognuno a spingere sui propri dossier. Sarà un
vicepremier di fatto, Boschi. Specie se verrà sfoltita la squadra degli
altri sottosegretari a Palazzo Chigi, ad esempio con l’uscita di
Tommaso Nannicini, finora alla guida dello staff economico. Rispetto ai
suoi precedessori, però, perde un bottone importante, la delega sui
fondi europei.
La porta via con sé proprio Claudio De Vincenti,
che lascia Palazzo Chigi e passa al nuovo ministero per la Coesione
territoriale e il Mezzogiorno. La materia è tecnica pure per i tecnici,
un cambio in corsa potrebbe rallentare quei progetti che solo negli
ultimi anni abbiamo imparato a gestire in maniera più efficace. Ma il
bottone è importante: nei prossimi anni vale 115 miliardi di euro,
quattro volte la legge di Bilancio appena approvata. Nulla cambia, in
teoria, per le nomine, a partire da quelle per le società quotate come
Eni, Enel, Poste e altre ancora che scadono a primavera. La delega è
nelle mani del ministro dell’Economia, il confermatissimo Pier Carlo
Padoan, anche se nell’ultima tornata a guidare è stato Matteo Renzi.
L’elenco completo delle deleghe arriverà nei prossimi giorni. Non ci
sarà, né ci potrebbe essere, quella per la legge elettorale. Ma il
bottone più importante, nella stanza, è proprio quello.
Lorenzo Salvia