La Stampa 13,12.16
Aleppo nelle mani di Assad
Allarme di Ban: atrocità in corso
I
soldati del regime siriano espugnano gli ultimi quartieri controllati
dai ribelli La denuncia del segretario generale Onu: massacri ed
esecuzioni di massa
di Giordano Stabile
L’esercito
siriano ha cominciato la notte scorsa a festeggiare la vittoria ad
Aleppo. La tv di Stato ha diffuso immagini dei festeggiamenti degli
abitanti nella strade. Ma fonti dell’opposizioni parlano di «massacri»
ed «esecuzioni di civili» da parte di milizie filogovernative, compresi
«donne e bambini». Voci non verificabili che però hanno suscitato
l’allarme del segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon. Il suo portavoce
Stephane Dujarric ha espresso «grave preoccupazione» e detto che il
Segretario ha incaricato l’inviato speciale Staffan de Mistura di
seguire gli sviluppi con tutte le parti coinvolte.
Gli ultimi
scontri, e forse i massacri, si sono verificati nelle sacche ribelli nei
quartieri di Bustan al-Kasr e Al-Sukkari. Il generale Zaid al-Saleh, a
capo del comitato di sicurezza governativo di Aleppo, ha detto che ieri
sera che combattenti ribelli non avevano «più molto tempo» e l’unica
scelta era fra «arrendersi o morire». Il collasso finale dei ribelli è
cominciato ieri mattina, con la conquista da parte dell’esercito del
quartiere di Sheikh Said, l’ultimo vero bastione. L’ultima resistenza
c’è stata in una piccola area di tre chilometri per due, ma in serata le
difese sono crollate.
Dal 2012, quando le proteste si erano
trasformate in rivolta armata, Aleppo è rimasta divisa in due, con la
parte orientale nelle mani degli insorti che, nel 2013, sono arrivati a
controllare oltre metà della città, che in totale contava due milioni di
abitanti su una superficie di 190 chilometri quadrati. Dopo
l’intervento russo nel settembre 2015 i governativi hanno cominciato la
controffensiva. A luglio Aleppo Est è stata completamente circondata e
l’ultima via di rifornimento, attraverso la Castello Road, è stata
chiusa. Due tentativi di rompere l’assedio, ad agosto e a fine ottobre,
sono falliti e per i ribelli è stata la fine. Secondo i comandi russi,
«700 si sono arresi» nelle ultime 24 ore.
Ad Aleppo Est c’erano da
200 ai 250 mila civili. Oltre 100 mila sono fuggiti e in parte accolti
in campi profughi nei sobborghi della città. Secondo l’Osservatorio
siriano per i diritti umani, da metà novembre sono morti per i raid e i
combattimenti 415 civili e 364 miliziani, altri 130 civili sono rimasti
uccisi dai colpi di mortaio tirati dai ribelli su Aleppo Ovest.
Per
tutta la giornata di ieri gli attivisti hanno lanciato disperati
appelli, in quelli che chiamano «i nostri ultimi messaggi». A queste
voci si è aggiunta quella di Papa Francesco. Il nunzio apostolico a
Damasco, cardinale Mario Zenari ha consegnato al presidente Bashar
al-Assad una lettera del Pontefice dove si chiede che «il diritto
internazionale sia pienamente rispettato per quando riguarda la
protezione dei civili» e si condanna «ogni forma di estremismo e
terrorismo».
Mosca e Damasco guardano già oltre ad Aleppo. In
città potrebbe arrivare un contingente egiziano con funzioni di
pacificazione, in quanto composti da militari sunniti in una città in
grandissima maggioranza sunnita. A rafforzare il contingente russo
sarebbero in arrivo invece due battaglioni ceceni, chiamati Ovest e Est,
formati nel 2003 con ex separatisti passati dalla parte di Mosca. Più
che ad Aleppo i ceceni saranno probabilmente destinati all’imminente
controffensiva su Palmira.
L’Intelligence siriana è convinta che
il blitz dell’Isis che ha portato alla caduta della città sia opera di
Gulmurod Khalimov, ex ufficiale delle forze armate tajike passato nel
2015 con il Califfo Abu Bakr al-Baghdadi e alla guida di una unità
d’élite composta da veterani dell’Asia centrale e del Caucaso. Ieri
forze di Khalimov hanno continuato ad avanzare anche ieri e circondato
la base strategica T4 a Tiyas, a circa 60 chilometri a Ovest di Palmira.
Forze speciali siriane e russe stanno convergendo in loco per
difenderla. Anche perché, dopo Aleppo, Vladimir Putin deve dimostrare di
saper sconfiggere anche l’Isis.