martedì 13 dicembre 2016

La Stampa 13,12.16
Elezioni anticipate e Congresso
Mossa di Renzi anti-minoranza
Scontro in Direzione, Speranza: dica se c’è spazio per chi ha votato «No» Per il ritorno alle urne l’ex premier ha già in mente una data: il 4 giugno
di Carlo Bertini

Ancora non è stato convocato ma il congresso del Pd è già cominciato. Ieri in Direzione. E fuori dalle sedi ufficiali, vista la quantità di saette che già infiammano l’atmosfera. Solo per dirne una, la dissociazione di Verdini dall’esecutivo Gentiloni, dai compagni di area Bersani viene letta come «un accordo sottobanco con Matteo per far capire che il governo può cadere ed è debole». Non come una minaccia lanciata in zona Cesarini per entrare nel governo. E ancora: la disputa procedurale sulla convocazione del congresso previe dimissioni di Renzi da segretario, viene così sintetizzata nelle stanze del leader: «Matteo non ci pensa proprio a dimettersi, certo stiamo valutando se serve, ma non è detto, perché l’assemblea può votare il congresso, punto e basta».
E a questa che sarebbe una forzatura per arrivare alle primarie il 26 febbraio o 5 marzo, c’è un contraltare, spiegato bene dal leader ai suoi. «Io il congresso non è che lo voglio fare per forza. Sono quelli della minoranza che lo hanno chiesto, ora dicano loro. Se non lo vogliono, si farà a scadenza naturale a fine anno e ciò significa che se si voterà prima decideremo noi le liste di candidati alle politiche». Tradotto, le liste dei candidati sono già in cima ai pensieri di tutti: prima di veder squadernata la formazione dei ministri, Guerini in Transatlantico si lascia sfuggire una battuta: «Vi pare che potevo andare al governo proprio ora che si decidono le liste?». E poco più in là, il fiorentino David Ermini del «giglio magico», sciorinava il sondaggio di popolarità tra gli elettori Dem uscito l’altro giorno sull’«Huffington post», una sorta di manuale Cencelli pronto all’uso per i renziani. «Da lì si vede che Franceschini gode di un seguito mi pare dell’8%. E allora il suo 30% dei parlamentari del gruppo sembra un po’ sovradimensionato o no?».
E alle liste allude pure Speranza, quando in Direzione avverte che senza una ricucitura sui temi di sinistra il Pd rischia di morire. «Davanti alle manifestazioni organizzate e agli attacchi sul web io chiedo a Renzi di dirci se non c’è più spazio nel Pd per chi ha votato “no”, lo dica con chiarezza. Io penso che bisogna recuperare un pezzo di elettorato che ha votato “no”. Il mio seggio è a disposizione, ma non è immaginabile rinunciare alle proprie idee». Renzi gli risponde nel suo stile. Punto primo, si voterà al più presto, nella testa del leader c’è già una data, il 4 giugno: «Il Pd dovrà fare un congresso con gli iscritti e le primarie, sapendo che c’è un appuntamento imminente con le elezioni perché è evidente che nell’arco dei prossimi mesi andremo alle politiche». Punto secondo: «Il 59 per cento è un voto politico? Allora lo è anche il 41 per cento». Con la chiosa che quando gestivano loro «l’elettorato di sinistra e popolare non l’ha mai visto nemmeno col binocolo il 40 per cento».
Ma non sono solo i compagni sotto i riflettori, «stanno facendo un partito nel partito, dire che votano le leggi scegliendo fior da fiore non esiste», sbotta il capogruppo Rosato. Ci sono pure i simil-alleati come Franceschini e Orlando nel mirino, mentre salgono le quotazioni di Orfini e Martina «che hanno tenuto botta nel momento più duro», notano i renziani doc.