La Stampa 13,12.16
Elezioni anticipate e Congresso
Mossa di Renzi anti-minoranza
Scontro
in Direzione, Speranza: dica se c’è spazio per chi ha votato «No» Per
il ritorno alle urne l’ex premier ha già in mente una data: il 4 giugno
di Carlo Bertini
Ancora
non è stato convocato ma il congresso del Pd è già cominciato. Ieri in
Direzione. E fuori dalle sedi ufficiali, vista la quantità di saette che
già infiammano l’atmosfera. Solo per dirne una, la dissociazione di
Verdini dall’esecutivo Gentiloni, dai compagni di area Bersani viene
letta come «un accordo sottobanco con Matteo per far capire che il
governo può cadere ed è debole». Non come una minaccia lanciata in zona
Cesarini per entrare nel governo. E ancora: la disputa procedurale sulla
convocazione del congresso previe dimissioni di Renzi da segretario,
viene così sintetizzata nelle stanze del leader: «Matteo non ci pensa
proprio a dimettersi, certo stiamo valutando se serve, ma non è detto,
perché l’assemblea può votare il congresso, punto e basta».
E a
questa che sarebbe una forzatura per arrivare alle primarie il 26
febbraio o 5 marzo, c’è un contraltare, spiegato bene dal leader ai
suoi. «Io il congresso non è che lo voglio fare per forza. Sono quelli
della minoranza che lo hanno chiesto, ora dicano loro. Se non lo
vogliono, si farà a scadenza naturale a fine anno e ciò significa che se
si voterà prima decideremo noi le liste di candidati alle politiche».
Tradotto, le liste dei candidati sono già in cima ai pensieri di tutti:
prima di veder squadernata la formazione dei ministri, Guerini in
Transatlantico si lascia sfuggire una battuta: «Vi pare che potevo
andare al governo proprio ora che si decidono le liste?». E poco più in
là, il fiorentino David Ermini del «giglio magico», sciorinava il
sondaggio di popolarità tra gli elettori Dem uscito l’altro giorno
sull’«Huffington post», una sorta di manuale Cencelli pronto all’uso per
i renziani. «Da lì si vede che Franceschini gode di un seguito mi pare
dell’8%. E allora il suo 30% dei parlamentari del gruppo sembra un po’
sovradimensionato o no?».
E alle liste allude pure Speranza,
quando in Direzione avverte che senza una ricucitura sui temi di
sinistra il Pd rischia di morire. «Davanti alle manifestazioni
organizzate e agli attacchi sul web io chiedo a Renzi di dirci se non
c’è più spazio nel Pd per chi ha votato “no”, lo dica con chiarezza. Io
penso che bisogna recuperare un pezzo di elettorato che ha votato “no”.
Il mio seggio è a disposizione, ma non è immaginabile rinunciare alle
proprie idee». Renzi gli risponde nel suo stile. Punto primo, si voterà
al più presto, nella testa del leader c’è già una data, il 4 giugno: «Il
Pd dovrà fare un congresso con gli iscritti e le primarie, sapendo che
c’è un appuntamento imminente con le elezioni perché è evidente che
nell’arco dei prossimi mesi andremo alle politiche». Punto secondo: «Il
59 per cento è un voto politico? Allora lo è anche il 41 per cento». Con
la chiosa che quando gestivano loro «l’elettorato di sinistra e
popolare non l’ha mai visto nemmeno col binocolo il 40 per cento».
Ma
non sono solo i compagni sotto i riflettori, «stanno facendo un partito
nel partito, dire che votano le leggi scegliendo fior da fiore non
esiste», sbotta il capogruppo Rosato. Ci sono pure i simil-alleati come
Franceschini e Orlando nel mirino, mentre salgono le quotazioni di
Orfini e Martina «che hanno tenuto botta nel momento più duro», notano i
renziani doc.