martedì 13 dicembre 2016

La Stampa 13,12.16
Maxi-intesa mediterranea
Eni e Russia soci nel gas
Al gruppo 1,6 miliardi per il 30% del giacimento egiziano Zohr L’acquirente è Rosneft nel cui capitale entrano Glencore e Qatar
di Luigi Grassia

Il risiko mondiale del gas muove miliardi e ridisegna le mappe globali dell’energia, con l’Eni a recitare un ruolo da protagonista. Sul piano strettamente economico, il gruppo italiano incassa un assegno da un miliardo e 575 milioni di dollari (corrispondente quasi alla stessa cifra in euro) vendendo alla russa Rosneft una quota del 30% nella concessione di Shorouk, nel Mar Mediterraneo di fronte all’Egitto, dove si trova il gigantesco giacimento di gas Zohr, che è stata la più grande scoperta di metano negli ultimi anni. L’incasso di 1,575 miliardi di dollari include la somma di 1,125 miliardi per la vendita vera e propria del 30% delle azioni e di 450 milioni a titolo di rimborso pro-quota da parte di Rosneft degli investimenti fatti dall’Eni per la ricerca e lo sviluppo del giacimento di Zohr. Altre centinaia di milioni potrebbero arrivare in futuro se Rosneft farà valere l’opzione di acquisto di un ulteriore 5% di partecipazione alle stesse condizioni.
La Rosneft è una compagnia petrolifera controllata a maggioranza dallo Stato russo ma quotata in Borsa e sul punto di aprirsi ancora di più al mercato con l’ingresso al 19,5% di un consorzio composto dall’anglo-svizzera Glencore e dal fondo sovrano del Qatar.
L’operazione Eni-Rosneft è importante per le casse dell’Eni ed è stata premiata in Borsa con un +3,72% del titolo, spinto anche dalla risalita dei prezzi del petrolio dopo l’accordo dell’altro giorno fra Paesi Opec e non-Opec sul taglio della produzione. Ma al di là del flusso di denaro verso l’Eni, la cessione del 30% si fa notare perché l’acquirente non è un gruppo qualsiasi ma è la Rosneft, e questo inaugura una nuova stagione di alleanze italo-russe nell’energia. Troppo presto forse per ricamare ipotesi sul nuovo corso internazionale che sta per essere avviato da Donald Trump, futuro presidente filo-russo degli Stati Uniti, e dal numero uno filo-russo della Exxon come segretario di Stato, ma la coincidenza è suggestiva.
Al momento la Russia fornisce all’Italia un terzo del metano che consuma, ma le collaborazioni fra aziende dei due Paesi non sono molte. In anni recenti il gruppo Eni ha liquidato tutte le attività che aveva in Russia, anche per via delle sanzioni internazionali (che adesso scricchiolano); due importanti accordi di ricerca di petrolio e gas nel Mare di Barents e nel Mar Nero fra Eni e Rosneft sono sospesi in attesa che si chiarisce la situazione politica. Un’altra società italiana, la Snam, possiede l’84% del gasdotto Tag che da Baumgarten, in Austria, porta al confine italiano di Tarvisio il metano russo in arrivo con il gasdotto Broterhood. Acquirente di questo gas è l’Eni. Tempo fa il presidente russo Putin aveva invitato le aziende italiane a partecipare al raddoppio del gasdotto Nord Stream nel Mar Baltico; nel caso che ci fossero sviluppi, potrebbero entrare in gioco la Snam come gestore e la Saipem come costruttore, ma non è arrivata alcuna risposta e si tratta di pure speculazioni. Per l’energia italiana in Russia il quadro si completa con l’Enel che vi ha quattro centrali elettriche e il 49% di una società di vendita.
Tornando alla cessione di Zohr, l’Eni detiene il 90% della concessione di Shorouk di cui fa parte Zohr. L’altro 10% è stato ceduto di recente alla Bp.
Si tratta di una procedura consueta. Spiega una nota del gruppo Eni, in linguaggio un po’ involuto: «L’operazione rientra nella strategia di “dual exploration” che consiste nel perseguire, in contemporanea al rapido sviluppo delle riserve scoperte, la loro parziale diluizione, al fine di anticipare la monetizzazione del loro valore». In parole povere si tratta di cercare nuovi giacimenti e poi venderne delle quote per incassare qualcosa subito.
Con questa nuova transazione gli incassi complessivi dell’Eni negli ultimi quattro anni grazie alla strategia di «dual exploration model» salgono a 6,3 miliardi di dollari.
Il giacimento di gas naturale di Zohr è stato scoperto dall’Eni nell’agosto del 2015 ed è il più grande del Mediterraneo, con un potenziale complessivo a 850 miliardi di metri cubi di metano, il che porta le riserve egiziane a un totale di 2950 miliardi di metri cubi. Nello scorso mese di febbraio è stato completato l’iter delle autorizzazioni per lo sviluppo di Zohr, mentre il primo metano utile ai fini commerciali dovrebbe uscire entro la fine del 2017.