martedì 13 dicembre 2016

La Stampa 13,12.16
Immigrazione, virata a destra di Grillo
“Somigliamo alla Lega? Non m’importa”
Di Battista si difende: non sono razzista se parlo di rimpatri M5S diviso, ma sulle espulsioni i vertici puntano ai voti di Salvini
di Ilario Lombardo

Alessandro Di Battista non ha preso bene le reazioni alla sua intervista a Die Welt. Ce l’ha con «i giornaloni» «che mi vogliono far passare per razzista» per quel passaggio in cui dice che «chi non ha diritto d’asilo, in questo momento storico, deve essere rimpatriato». Insiste su quest’ultimo punto e fa pubblicare sul blog di Beppe Grillo l’intervista integrale e ritradotta, perché nella versione pubblicata su Repubblica si parla di espulsioni e non di rimpatri. Ma a parte il termine meno ruvido, non cambia molto la sostanza di quanto espresso dal deputato grillino che forse più di altri ha incassato il dividendo di successo del referendum.
La sua è una posizione netta, non sfumata, e certo ha stupito anche diversi colleghi che non la vedono esattamente così e che ricordano il Dibba giramondo con le collanine e l’eskimo, il reporter terzomondista che sui social ha tenere fotografie con bambini africani. La questione dell’immigrazione è una ferita mai risolta tra i 5 Stelle e si ripropone come una mina adesso che sono proiettati al governo con un programma ancora da costruire. Perché sul tema i vertici sono stati più volte chiari, e molti ricordano il brutale post co-firmato da Grillo e da Gianroberto Casaleggio contro i due senatori che avevano proposto di abolire il reato di clandestinità. Era l’ottobre del 2013, tra i due fondatori e i senatori Andrea Cioffi e Maurizio Buccarella, al voto sul blog, la spuntarono questi ultimi.
Fu un caso isolato, non indicativo di quale sia la reale posizione del M5S sui migranti. Qualche tempo dopo fu lo stesso Grillo a rinfacciare a Cioffi come «dannosa» la sua iniziativa. Il senatore oggi non ha tanta voglia di commentare e si limita a dire che «Di Battista esprime un’opinione personale». Per il resto, «la linea ufficiale - aggiunge - la daranno i cittadini». Ma sarà così? Nel 2013 Grillo e Casaleggio strigliarono i senatori ricordando che il reato di clandestinità «non era nel programma», un modo per freddare sgradite azioni in solitaria fuori dal perimetro del decalogo grillino. Ma una ricetta sull’immigrazione bisognerà offrirla e potrebbe essere calata dall’alto, perché il M5S mescola sensibilità e culture diverse, difficili da sintetizzare in una proposta che accontenta tutti. In Parlamento, per dire, è ancora forte la componente che proviene dal movimentismo di sinistra, e c’è chi come il deputato Giuseppe Brescia ha sull’immigrazione un approccio diverso e parla di «accoglienza diffusa» e «solidarietà» dei comuni italiani. E anche Virginia Raggi, di fronte al Papa, ha ribadito il «dovere di accogliere i fratelli rifugiati». Allo stesso modo, però, l’allargamento del consenso sta attirando i voti di destra.
Fonti del M5S confermano che su questo punto Grillo non vuole sentire ragioni e più volte lo hanno sentito ripetere: «Sui migranti decido io la linea e non mi interessa se dicono che siamo come la Lega». A breve potrebbe arrivare un post per fissare gli obiettivi di programma: revisione della convenzione di Dublino e valutazione più massiccia in Italia su chi abbia o meno diritto d’asilo. Chi non ne ha è fuori. Espulso. Per il leader «non è una questione di destra o di sinistra ma di buon senso». Casaleggio, raccontano, era ancora più duro e intransigente. Fu lui, il teorico della trasversalità post-ideologica del Movimento, a far inserire nel post del 2013 la chiusa sulle «percentuali da prefisso telefonico» se il M5S «avesse proposto l’abolizione del reato di clandestinità». Casaleggio, sempre attento agli umori anche imprenditoriali del Nord, aveva fiutato la contendibilità con la Lega dei voti partoriti dalla pancia arrabbiata degli italiani.