domenica 11 dicembre 2016

La Stampa 11.12.16
Pd, fazioni già in lotta per le liste
Il leader rivoluziona la squadra
Azzerate le cariche dei vicesegretari, tregua armata con Franceschini Congresso anticipato di Carlo Bertini

Matteo Renzi torna a fare il segretario a tempo pieno: la prima novità che filtra dalle sue stanze mentre fa gli scatoloni da Palazzo Chigi è che dovrebbe rivoluzionare la squadra, se è vero che Lorenzo Guerini è destinato a entrare nel governo, che l’altro vicesegretario Debora Serracchiani tornerà a occuparsi in toto del Friuli e che Maurizio Martina potrebbe diventare vicesegretario unico. Solo voci, che dovranno attendere conferme dalle decisioni prossime venture, ma che mostrano come il leader voglia subito dare il segnale che è tornato sulla tolda di comando, nominando tanto per cominciare una nuova segreteria. Nei pochi minuti dedicati ieri con i suoi al tema congresso, ha fissato la road map, «domenica 18 dicembre allora si va in assemblea, si lancia il congresso con l’idea che ora basta con le polemiche: si vede chi ha i numeri e chi no e così limitiamo questa frenesia di scontro che c’è e che ci sta facendo malissimo», è stato il ragionamento. Insomma, «almeno diamo una cornice a tutta questa conflittualità della minoranza, tanto vale fare il congresso subito e così si capisce chi sta in maggioranza e chi all’ opposizione».
Accelerare la sfida
Dunque non è escluso che i tempi vengano compressi, a dispetto delle resistenze dei bersaniani e che si celebrino i congressi tra gli iscritti nei circoli in gennaio, per fissare poi le primarie nazionali a fine febbraio. Perché la volontà è quella di arrivare con un leader nuovamente legittimato dal suo popolo allo scioglimento delle Camere (che si spera sia ai primi di marzo per votare entro aprile-maggio con un election day con le amministrative. Dalle parti di Bersani invece sono non solo contrari «al governo fotocopia, perché si rischia la sconfitta e su scuola, università, precariato, sarebbe opportuno ascoltare i Democratici del No», avverte Miguel Gotor. Ma anche all’idea di andare al voto subito. «Ci vuole un congresso vero e non consiglio la corsa verso presunti plebisciti: presunti perchè non mi sembra ci sia aria, dopo lo schiaffo del soldato che è stato il referendum, con operai, precari, disoccupati, in fila a colpire il premier per una ragione o per l’altra».
Bersani nel totocandidati
Su chi saranno i suoi contendenti c’è ancora molta nebbia, sulla carta dovrebbero essere Roberto Speranza, Enrico Rossi, governatore della Toscana e forse il suo omologo pugliese Michele Emiliano. Mentre su chi lo sosterrà in teoria non ci sono sorprese, ovvero le correnti di Franceschini, Martina e Orfini-Orlando. «C’è una condivisione di tutti i passaggi e la valutazione comune del bisogno di andare al voto subito dopo la legge elettorale», assicura il coordinatore dei «giovani turchi» Francesco Verducci.
Ma ora nel Pd parte la fase dei lunghi coltelli tra le diverse fazioni in lotta. A sentire gli amici di Franceschini, «Dario è infuriato per esser stato trattato come un congiurato. E questa cosa non gli è andata giù». A sentire gli uomini di Renzi, i due poi si sono chiariti. Ma è chiaro che la vicenda avrà i suoi strascichi e che la tregua siglata nel partito sia precaria. Allo stato prevede che nel futuro governo non venga scalfita la quota di AreaDem, corrente di Franceschini e che i due capigruppo restino al loro posto. «Magari Dario avrà qualche sottosegretario in più», azzardano i renziani. Che spargono piuttosto veleni nel campo avverso. A sentir loro, «i compagni del No stanno valutando se chiedere a Bersani di candidarsi perché è quello che li può tenere più uniti e perderebbero meglio che con Speranza»; notizia questa smentita seccamente dagli uomini dell’ex segretario, («non esiste neanche che Pierluigi si possa presentare in un ticket come candidato premier», garantiscono) ma che dimostra come i giochi siano già tutti aperti. Ma non solo: gli stessi renziani sostengono pure che Bersani sta cercando di convincere Andrea Orlando a candidarsi lui. Insomma, il clima è questo, anche perché la sfida del congresso si trascina la partita più rognosa, quella delle liste per le candidature...