La Stampa 11.12.16
Lo sfogo di Renzi: ho perso la fiducia dei giovani
Lavorerò su di loro e sul web
La conversazione con Gramellini: “Non mi faccio incastrare Mi ricandido alla segreteria sfidando D’Alema o chi metterà lui”
di Jacopo Iacoboni
Una
delle riflessioni che sta facendo Matteo Renzi in queste ore dopo la
vittoria del No al referendum, e le sue dimissioni da premier, è
semplice e difficilmente confutabile dati alla mano: ho perso perché ho
perso la fiducia del voto dei giovani.
Ed è su questo terreno -
ragiona - che m'impegnerò da oggi in avanti, fino alle elezioni, in
qualunque momento ci saranno. Ricostruire comunità, riconquistare i
giovani. Puntando anche molto sul web, come spiegheremo meglio
più avanti.
Proprio lui, l’ex rottamatore, che comparve sulla
scena scompaginando un apparato Pd stantìo, ha poi totalmente perso
freschezza, la guasconeria che l’aveva fatto sembrare così esterno al
Palazzo, e così in grado di sintonizzarsi con una generazione nuova di
italiani, s’è presto mutata nella percezione in arroganza. È stata una
nemesi impressionante che Renzi finisse con l’essere identificato, a
torto o a ragione (o, come spesso accade nella vita, in un mix di
entrambe le cose), col simbolo di quella Casta che doveva combattere. Ma
è andata così, è un fatto.
La riflessione renziana sui giovani
l’ha raccontata ieri in tv Massimo Gramellini durante “Le parole della
settimana”, riferendo di uno scambio al telefono, non un’intervista,
semmai più un flusso di pensieri, con il presidente del Consiglio
dimissionario. Seduto su uno sgabellino con accanto Serena Dandini e
Fabio Volo, Gramellini ha raccontato alcune valutazioni interessanti,
che vale la pena di riferire.
Innanzitutto Renzi rivendica di
avere lasciato la poltrona con stile, pur avendo ancora in Parlamento
una maggioranza, e di esserci rimasto male nel vedere politici ed
editorialisti che maramaldeggiano in tv, invitarlo a tornarsene a casa.
Uno spettacolo, possiamo aggiungere, del tutto italiano, che colpisce
sempre il potente in difficoltà, e tanto più quanto più il potente è
(stato) forte (corollario: i primi ad accoltellare sono di solito
personaggi dal potente beneficiati).
Contrariamente a quanto uno
potrebbe credere, Renzi non è pentito di essersi lanciato nell’avventura
del referendum - cosa che s’è rivelata fatale anche per la sua promessa
di lasciare in caso di sconfitta. Negli ultimi giorni prima del voto
l’allora premier aveva più volte ammesso l’errore di aver personalizzato
la consultazione sulla riforma costituzionale, ma è anche vero che ogni
volta che l’ammetteva gli tornavano a chiedere cosa avrebbe fatto in
caso di sconfitta: insomma, s’è impiccato a una sua stessa frase.
Eppure,
è il ragionamento di Renzi, il mio errore più grosso è stata la riforma
della scuola: non è riuscita come avrebbe voluto. Mentre il referendum a
suo dire è stata una battaglia giusta perché le riforme erano
necessarie, e lo dimostra la vicenda del Monte dei Paschi; Renzi di
questo è totalmente convinto (la Bce proprio ieri l’altro ha negato
qualsiasi proroga per la ricapitalizzazione, e dunque i 5 miliardi
andranno trovati, probabilmente con l’aiuto dello Stato).
Sostiene
il segretario del Pd che ci si è trovati, con la vittoria del No, in
una situazione kafkiana: i senatori hanno votato la propria abolizione e
sono stati rimessi in sella dai cittadini che li detestano. Scherzando,
ha aggiunto: quando torno al governo, la prima cosa che faccio sarà
nominare il Cnel, quello che non mi hanno fatto abolire. Scherzando ma
chissà fino a che punto, si potrebbe chiosare: il «rimettersi in
cammino» allude chiaramente a una rivincita, che però va costruita un
po’ da lontano, e con un Pd non esattamente suo complice. Almeno, non
tutto.
Renzi ha consegnato a Gramellini alcune riflessioni anche
sugli aspetti più formali della crisi di governo che in queste ore il
presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha dovuto dipanare, sul
ruolo del Pd, ma anche su quello del suo leader. Molti suoi nemici hanno
ipotizzato che il passo indietro fosse solo di facciata, o che Renzi si
fosse dimesso nella speranza di restare lui dimissionario fino al voto,
oppure con l’idea di accettare una plausibile ipotesi di reincarico.
Gramellini ha raccontato invece di un premier uscente determinato: non
mi faccio incastrare, gli ha detto. Do la campanella con un sorriso al
mio successore, sia Gentiloni, Padoan, Godzilla o Jack lo Squartatore.
Poi me ne torno cittadino tra i cittadini, senza stipendio né vitalizio.
E mentre il nuovo governo Renzi senza Renzi governa, lui si ricandida
alla segreteria del Pd, dove sfiderà D’Alema o l’uomo che lui gli
metterà contro. Vinco e sparisco da Roma, ha spiegato Renzi, girando
l’Italia fino alle elezioni politiche e allargando la squadra, come
tutti mi avete chiesto.
Renzi è convinto di avere con sé circa un
terzo degli italiani: che non sarebbe poco - anche se non è esattamente
il 40 per cento dei voti per il Sì che alcuni renziani, troppo
ottimisticamente, s'intestano, ma è una base su cui impostare una
rivincita. Nello scambio telefonico riportato ieri su Raitre, il
discorso è andato a cadere inevitabilmente sui giovani, anzi,
sull’accoppiata giovani più Internet (e social network). Renzi ha detto a
Gramellini di avere perso il voto giovanile perché il Pd è assente dal
web, e dunque lui nei prossimi mesi dedicherà tutte le sue energie a
ricostruire una comunità digitale.
Non sarà facile, si può
aggiungere, senza mettere a fuoco anche cosa si vuole dire; e quanta
cattiveria si è disposti a sprigionare nello spazio cyber, che non è più
solo terra di promesse.