La Stampa 10.12.16
La sfilata dei disponibili “Un governo, purchessia”
Alle consultazioni diciassette delegazioni tra peones e minipartiti
Tutti uniti da un progetto: andare a votare il più tardi possibile
di Mattia Feltri
La
parola più pronunciata del giorno è stata «disponibili». Una
disponibilità ampia, anzi massima, e naturalmente in nome della
«responsabilità». Maurizio Romani di Italia dei valori è «disponibile a
un governo di responsabilità nazionale». Daniel Alfreider della
Südtiroler è disponibile a «un governo che vari una nuova elegge
elettorale». Rocco Buttiglione dell’Udc è «disponibile a un governo di
decantazione». Guglielmo Vaccaro di Idea è «disponibile al governo che
il paese merita» (espressione un po’ minacciosa). Nello Formisano di
Diritti e Libertà è «disponibile a un governo nella pienezza delle su
funzioni». Riccardo Nencini del Partito socialista è «disponibile a un
governo di scopo e di responsabilità corale». Lorenzo Dellai di Des-Cd è
«disponibile a un governo di transizione responsabile». Giovanni
Monchiero dei Civici e Innovatori è «disponibile a un governo politico,
responsabile e autorevole».
E tutto queste sfumature di
disponibilità e responsabilità sarebbero forse racchiuse nella
disponibilità di Pino Pisicchio (immortale totem della politica
italiana, in Parlamento per la prima volta nell’87, già nella Dc, in
Rinnovamento italiano, nella Margherita, nell’Idv, in Api, nel Centro
democratico e altri partiti ancora, e giustissimamente adesso presidente
del Comitato d’attuazione del codice etico dei deputati), «disponibile a
un governo senza aggettivi, un governo e basta»; se non fosse che
Pisicchio è superato da Karl Zeller, che ha un nome tedesco ma un’indole
molto italiana, ed è «disponibile a ogni nuovo governo» che, ha
aggiunto, pensi «al bene del Paese», discriminante lodevole ma
abbastanza auspicabile. E, insomma, sette ore abbondanti di
consultazioni, con questi elevati contributi, erano forse inutili, se la
sacralità della democrazia non pretendesse rispetto della liturgia, e
se tutti si fossero riconosciuti nella formidabile sintesi di giornata
proposta da Maurizio Ferrara di Grandi autonomie e libertà, «disponibile
ad appoggiare tutte le soluzioni prospettate dal Presidente della
Repubblica».
Ora, fatta questa lunga e centrale premessa, può
essere che il lettore si stia chiedendo chi siano Zeller e Vaccaro e
Monchiero e Formisano, e non è escluso che la stessa domanda se la sia
posta il presidente Sergio Mattarella, per cui non è un problema. E
Mattarella si sarà anche chiesto quali elettori abbiano affidato le loro
sorti alle visioni e alle strategie di formazioni che si chiamano
Alternativa Libera Possibile o Movimento Partito Pensiero e Azione. Per
contribuire alla soluzione della crisi, ieri erano chiamate al Quirinale
diciassette delegazioni, alcune della quali composte da due, tre,
quattro fino a sei-sette diversi partiti, e di queste diciassette
delegazioni sono conosciute al mondo soltanto quelle di F.lli d’Italia
di Giorgia Meloni e della Lega di Matteo Salvini. Che, infatti, sono le
uniche indisponibili: vogliono elezioni subito, o quasi.
Ma la
nerboruta decisione di Meloni e Salvini che può di fronte al fiuto
politico di una Renata Bueno, parlamentare nata a Brasilia e capofila
della delegazione sudamericana, e «disponibile a un governo ampio»,
ampio abbastanza almeno da contenere lei? Qui tutte le sottosigle di
palazzo hanno compreso con una certa rapidità e altrettanto sollievo che
il presidente della Repubblica non vuole elezioni - non con la legge
elettorale che c’è. E dunque si rimane a galla ancora per un po’ di
tempo, che gli ignoti leader transitati ieri sul Colle impegneranno
(hanno detto ai microfoni di reti unificate) per «affrontare l’emergenza
terremoto», «mettere in sicurezza i conti dello Stato», «completare le
riforme avviate», «affrontare il problema delle povertà emergenti»,
«mettere in sicurezza il sistema bancario» e «affrontare le sfide a
livello internazionale». Dopo di che al governo che verrà dopo non
resterà più niente da fare.