Corriere 10.12.16
Tonini: tocca al ministro degli Esteri? Sarà come avere ancora in sella Matteo
di Monica Guerzoni
Il senatore dem: «Nel Pd la leadership del segretario uscirà rafforzata»
ROMAGiorgio
Tonini, presidente della commissione Bilancio del Senato. È ancora
renziano, lei? «Sì, sono un convinto sostenitore della linea politica di
Matteo Renzi».
Paolo Gentiloni a Palazzo Chigi come lo vede? Meglio di Grasso, Padoan, Delrio e Franceschini?
«Non
sono in grado di fare previsioni sui nomi, perché per fortuna non ho
questa responsabilità». Eppure sono in tanti a prevedere che toccherà al
ministro degli Esteri: non è come metterci Renzi?
«Si, in un
certo senso l’affinità politica è del tutto evidente. D’altra parte è
necessario un governo che porti alle elezioni attraverso la legge
elettorale e gli scenari possibili sono due. Il primo è che sia Renzi
stesso a gestire questo passaggio, visto che anche qualche forza di
opposizione chiede questa soluzione».
È ancora uno scenario possibile?
«Sarà
il segretario del Pd, con il presidente della Repubblica, a sciogliere
questo nodo. Il Pd ha detto che intende aiutare il presidente in tutti i
modi in un passaggio così difficile e delicato, ma l’ultima parola sarà
del presidente Sergio Mattarella».
Secondo scenario?
«Che
sia un altro esponente del Pd, il quale abbia una autorevolezza
sufficiente per poter assumere una responsabilità così rilevante».
Paolo Gentiloni è sufficientemente autorevole?
«Certamente chi è stato ministro degli Esteri ha queste caratteristiche».
Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti e il portavoce Filippo Sensi resteranno a Palazzo Chigi?
«Non
credo che gli italiani siano in apprensione sui temi di staff. Sarà il
nuovo presidente del Consiglio a decidere l’assetto del governo».
È vero che i ministri Boschi, Giannini, Madia e Poletti sono destinati a saltare?
«Il nuovo premier proporrà la lista, è una sua prerogativa in cui è difficile entrare».
Perché l’ipotesi del governo Franceschini è tramontata, Renzi non si fida?
«Io
sto a ciò che Franceschini ha dichiarato e sono certo che sta lavorando
come tutti i dirigenti del Pd per una soluzione positiva per il Paese,
che presuppone una forte unità interna attorno al segretario Renzi».
Il segretario del Pd vuole votare il prima possibile, ma tanti «dem» puntano al 2018, giusto?
«Si
voterà appena risolta la questione della legge elettorale, non credo
abbia senso andare oltre questa scadenza. Bisogna prendere atto che la
legislatura è politicamente finita, si tratta di accompagnarla in modo
ordinato alla sua conclusione e a un sistema di voto che consenta il
massimo possibile di governabilità».
Non temete che Grillo sparerà in chiave elettorale su un governo che avesse sempre in Renzi il suo ispiratore?
«Noi
abbiamo chiesto a tutte le forze politiche di condividere la
responsabilità di governare, non mi pare che nessuno si sia dichiarato
disponibile. Se nelle prossime ore questa indisponibilità sarà
confermata, non resterà che un governo a guida Pd, con questo obiettivo
circoscritto».
Se lascia Palazzo Chigi, Renzi rischia di essere indebolito al punto da non tenere più il partito?
«Il Pd deve dare vita a un grande confronto democratico, da cui la leadership di Renzi uscirà rafforzata».