sabato 10 dicembre 2016

La Stampa 10.12.16
Col proporzionale il partito ad personam sarà la regola
di Marcello Sorgi

Chi voleva farsi un’idea di come sarà la nuova (vecchia) Italia del proporzionale, dopo che la sentenza della Corte costituzionale il prossimo 24 gennaio avrà cancellato l’Italicum e invitato il Parlamento a omogeneizzare i sistemi elettorali di Camera e Senato, avrebbe dovuto prestare attenzione alla seconda giornata di consultazioni al Quirinale, in cui 17 (dicasi 17) partiti hanno sfilato con le loro delegazioni. L’elenco dei mini-gruppi parlamentari spazia dalla destra al centro alla sinistra, alle più svariate minoranze linguistiche mescolate ai socialisti di minoranza, a diversi localismi, agli eredi di storiche formazioni come i repubblicani e così via, citare tutte le sigle sarebbe impossibile oltre che inutile.
Costituiscono il precipitato finale di una legislatura in cui centinaia di deputati e senatori (soprattutto questi ultimi), eletti nelle file di uno dei tre principali schieramenti, centrosinistra, centrodestra e Movimento 5 stelle, hanno preso altre strade, confluendo nei gruppi misti di entrambi i rami parlamentari e poi fuoruscendone, alleandosi e spaccandosi (prevalentemente al centro) e moltiplicando i loro spostamenti soprattutto adesso, nella fase finale della vita della legislatura, in cui bisogna cercare un posto in lista e trovarne uno che funzioni per essere rieletti.
Insieme con la classica «Navicella», il libretto che contiene le foto e le biografie di tutti i parlamentari, occorrerebbe dare alle stampe un’altra pubblicazione che documenti tutti i passaggi da un fronte all’altro e ritorno, oppure commissionare una «app» come il navigatore «mappe» che abbiamo sui telefonini, per tracciare i percorsi tortuosi che ciascuno dei transfughi ha seguito e spiegare in nome di chi, cosa e per quale motivo hanno mollato gli ormeggi. Un piccolo partito come quello fondato alla vigilia del voto del 2013 dall’ex-premier Monti s’è diviso in due, tre o quattro parti; un ex-grande partito come quello di Berlusconi, dominante nella precedente legislatura e autore di un’imprevedibile rimonta elettorale, è ora frammentato in altri quattro o cinque gruppi; il Pd che governa l’Italia e la maggioranza delle regioni è in realtà una federazione di una decina di correnti, collegate a due a due o a tre a tre, cosicché anche la (ex) granitica direzione renziana che approvava qualsiasi proposta del leader, ora è in grado di metterlo in minoranza. L’unica vera differenza, tra la realtà di adesso e quella che verrà, è che ciò che è avvenuto abusivamente, come sintomo di una malattia, nell’ultima stagione del maggioritario, ora diventerà la regola con il proporzionale: un partito personale per tutti!