La Stampa 1.12.16
Statali, accordo sul contratto
L’aumento medio è di 85 euro
Per il rinnovo del pubblico impiego stanziati quasi 5 miliardi in tre anni
di Paolo Russo
Per
i 3,2 milioni di pubblici dipendenti è in arrivo un aumento medio di 85
euro lordi mensili, che non faranno però perdere gli 80 euro qualora
con il nuovo contratto si superi la fatidica soglia dei 1.500 euro entro
la quale si ha diritto al bonus. Dopo una trattativa no-stop dei tre
leader di Cgil, Cisl e Uil con il ministro della funzione pubblica,
Marianna Madia, alla fine è arrivata la sospirata firma. Un accordo
quadro che dovrà ora essere recepito dall’Aran che, di fatto, aprirà il
confronto vero e proprio per il rinnovo dei contratti, fermi al palo
oramai da ben 7 anni. Un arco di tempo durante il quale, secondo i
calcoli dell’Unione consumatori, i travet hanno perso oltre quattromila
euro pro capite tra passo del gambero dei salari ed erosione da
inflazione.
«Dopo 7 anni la volta buona per i dipendenti pubblici.
Riconoscere il merito, scommettere sulla qualità dei servizi», twitta
Matteo Renzi, confidando probabilmente che l’accordo una spintarella al
Si finirà per darla.
La Madia riferendosi agli aumenti rimarca
invece l’aggettivo «medi», «sul quale abbiamo insistito per dare una
maggiore attenzione e un maggior sostengo ai redditi più bassi. Non è
detto che gli aumenti saranno uguali per tutti».
Ed è stato
proprio quel «medi» a lasciare fino all’ultimo in sospeso la firma
dell’accordo da parte dei sindacati, che hanno rischiato di arrivare
divisi alla meta, con la Cgil più refrattaria degli altri a chiudere su
quell’aumento «medio» di 85 euro ben distante dalla stessa cifra
rivendicata dai tre confederali, ma come «minimo». Sembra questione di
lana caprina ma aver detto che si sarebbe partiti da 85 euro avrebbe
significato concedere aumenti medi per circa 160 euro. Troppi per un
rinnovo che può contare su soli 850 milioni per il primo anno stanziati
in bilancio, che per il 2017 non potranno assicurare più di 30 euro
lordi mensili. Anche se «nel triennio il governo si è impegnato per un
totale di 5 miliardi destinati ai rinnovi», ha assicurato la leader
della Cgil Susanna Camusso uscendo da Palazzo Vidoni. «Abbiamo fatto un
buon lavoro e firmato un buon accordo che avvia la stagione
contrattuale», aggiunge soddisfatta. «Un accordo così un anno fa ce lo
potevamo sognare», gli fa eco il numero uno della Uil, Carmelo
Barbagallo. Perché se i sindacati hanno alla fine ceduto alla Madia
sugli aumenti, incassano però sia la garanzia che gli 80 euro
continueranno ad essere percepiti anche da chi con gli aumenti superasse
la soglia di reddito che ne da diritto, sia la proroga dei contratti
dei precari della pubblica amministrazione, in scadenza il prossimo 31
dicembre.
Nella partita dei rinnovi sarà compreso anche il
comparto scuola, come richiesto a più riprese dai confederali per
evitare che la legge Brunetta, in via di superamento con i nuovi
accordi, rimanga invece in vigore per gli insegnanti, visto che la
normativa sulla “buona scuola” vi fa più volte esplicito riferimento.
Quindi i premi di produttività, per tutta la pubblica amministrazione,
riprenderanno ad essere assegnati in base al raggiungimento degli
obiettivi dei diversi uffici e non dei singoli dipendenti, come la
Brunetta prevedeva, assegnando solo al 25% dei più meritevoli la metà
delle risorse. L’accordo siglato ieri prevede però che nell’assegnazione
dei premi un ruolo lo giochino anche le presenze sul lavoro. Una mossa
per scoraggiare gli assenteisti che per essere tradotta in pratica avrà
bisogno ora di «criteri e indicatori», è scritto nell’accordo.
Via
libera anche al welfare aziendale, al quale i quattro contratti della
Pa, funzioni centrali (leggi ministeri), funzioni locali (comuni e
regioni), sanità e conoscenza (scuola, università e ricerca), dovranno
dare spazio puntando esclusivamente su sanità e previdenza integrativa.