Frankfurter Allgemeine Zeitung, Germania
Nonostante la critiche al Ceta e al Ttip, l’Unione europea vuole firmare altri accordi di libero scambio. Sono in corso negoziati sul mercato dei servizi e sugli scambi con alcuni paesi asiatici Ora che il Canada e l’Unione europea hanno firmato un trattato di libero scambio, l’accordo economico e commerciale globale (Ceta), dovrebbe esserci una tregua nel dibattito che ha accompagnato le trattative. Inoltre, con l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca il Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (Ttip), il discusso trattato di libero scambio tra gli Stati Uniti e l’Unione europea, è di fatto congelato. Ma ora l’attenzione pubblica è rivolta a un terzo trattato: l’Accordo sugli scambi di servizi (Tisa). Il 25 novembre Greenpeace ha pubblicato alcuni documenti sul ciclo di negoziati sul Tisa dello scorso settembre. Da quelle pagine emergono novità, ma soprattutto il fatto che la firma del Ceta e l’elezione di Trump non hanno fermato gli accordi commerciali europei. Per molto tempo Bruxelles ha cercato di liberalizzare il mercato attraverso accordi multilaterali. Poi, in seguito allo stallo dei negoziati di Doha, ha puntato sugli accordi con i singoli stati. Negli ultimi anni l’Unione europea ha concluso trattati bilaterali di libero scambio con 31 paesi. Questi accordi non si limitano a eliminare le tariffe doganali, ma abbattono anche le cosiddette barriere non tariffarie, cioè quelle generate dalle normative differenti tra i diversi paesi. Spesso sono questioni strettamente tecniche, eppure mobilitano i cittadini, preoccupati che i trattati commerciali abbassino le tutele sociali e ambientali.
Mancanza di trasparenza
Il Tisa è un trattato plurilaterale, perché coinvolge più stati. Già abbozzato nelle sue parti fondamentali, è nato su iniziativa dell’Australia e degli Stati Uniti. Oggi partecipano a i negoziati cinquanta paesi, tra cui i 28 dell’Unione europea, che insieme rap- presentano il 70 per cento del mercato mondiale dei servizi. Anche in questo caso chi si oppone al Tisa critica la mancanza di trasparenza nei negoziati. Ma altri trattati di libero commercio stanno passando praticamente inosservati. Uno potrebbe riguardare il Giappone, uno dei principali partner commerciali dell’Unione. Di recente i capi di stato e di governo europei hanno invitato la Commissione europea a “portare avanti i negoziati con Tokyo attivamente”. Le trattative, avviate nel 2013, sarebbero dovute terminare già nel 2015. I punti caldi della discussione sono l’ingresso delle auto giapponesi nel mercato europeo e dei prodotti agricoli europei in quello giapponese. Anche i negoziati con il Giappone avvengono sostanzialmente a porte chiuse.
L’Unione europea è in trattative anche con altri stati asiatici. Con la Malesia si è arrivati a metà strada, ma le questioni più complesse sono irrisolte. Nuove trattative con le Filippine sono in programma per la fine del 2016, mentre con l’Indonesia i negoziati cominceranno nel 2017. Bruxelles sta valutando anche eventuali accordi con l’Australia e la Nuova Zelanda. Al momento, invece, sono congelate le trattative con l’India, la Thailandia e la Birmania, ma dovrebbero riprendere. Con il Vietnam, Singapore e due gruppi di stati africani esistono trattati già definiti e approvati ma che non sono ancora entrati in vigore. Nell’ambito dell’accordo con il Vietnam la Commissione europea ha proposto per la prima volta un tribunale, l’Investment court system, per proteggere gli investitori da leggi che metterebbero a rischio i loro affari.
Di recente l’Ecuador ha aderito all’accordo di libero scambio tra l’Unione europea, il Perù e la Colombia. Una storia infinita sono invece le trattative con il Mercosur, il mercato comune dell’America Latina. I colloqui, interrotti nel 2004, sono ripresi nel 2010, e l’ultimo incontro si è svolto a ottobre. Oggi, però, partecipano ai negoziati solo i quattro grandi del Mercosur Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay mentre Bolivia e Venezuela sono tagliati fuori. Ci sono contrasti tra gli stessi paesi del Mercosur ed è difficile che si vedano progressi a breve termine. Inoltre, la liberalizzazione degli scambi con quest’area danneggerebbe l’agricoltura europea, in particolare i produttori di carne di manzo. È quindi pre- vedibile che ci saranno proteste in Europa.
Tuttavia, in questo come negli altri casi, oggi è difficile capire se le trattative in corso porteranno a un accordo. Molte critiche ai negoziati arrivano anche da paesi dell’Unione che contestano la competenza di Bruxelles sulle politiche commerciali. Se le cose restano così, difficilmente le trattative andranno a buon fine.