Il Sole Domenica 11.12.16
Luis De Molina (1536 - 1600)
Tra grazia e libero arbitrio
di Armando Torno
Era
contemporaneo di Roberto Bellarmino, Gabriel Vasquez e Francisco
Suarez. Come loro faceva parte della Compagnia di Gesù. Si chiamava Luis
de Molina, visse tra il 1536 e il 1600, sarà l’ispiratore di un vero e
proprio sistema teologico. Con esso cercò di conciliare la libertà umana
con l’efficacia della grazia divina, facendo perno, appunto, sulla
libertà, per la quale il teologo e filosofo rivendicava – contro Lutero,
Calvino e la Riforma in genere – un ruolo di primaria importanza anche
nell’ambito soprannaturale. Non tutto dipende da Dio, sosteneva de
Molina, ma anche da qualcosa che si regge sull’iniziativa dell’uomo.
Per
spiegare gli atti soprannaturali pose in evidenza due cause: la grazia
divina da una parte, la volontà libera dall’altra; dalla prima
dipenderebbe la “soprannaturalità”, dalla seconda la vitalità. Il
rapporto tra grazia e libero arbitrio gode di una relazione di
simultaneità. Dio interviene per la salvezza di ogni figlio di Adamo
contemporaneamente alla disponibilità dell’uomo a collaborare con Lui.
In sostanza, il Creatore esamina il nostro cuore e agisce, senza ledere
la libertà, quando in noi si forma una volontà di prendere parte alla
salvezza.
La concezione accennata entrò in contrasto con altre,
tra le quali quella del domenicano Domingo Bañez, professore a
Salamanca, che cercava di salvaguardare l’assoluta gratuità della grazia
e della giustificazione. Tra l’altro, per de Molina la teoria della
predestinazione era intesa come una particolare comprensione che Dio ha
del cuore di ognuno, per il domenicano invece l’uomo viene prefissato da
Dio a compiere del bene; ovvero la grazia divina precede ogni azione
meritoria e la predestinazione alla salvezza è decisa dal Creatore,
indipendentemente dai meriti dell’uomo. La polemica che nacque, e che
divenne celebre come De auxiliis, non fu sostanzialmente risolta: la
Santa Sede, per non moltiplicare i clamori delle reciproche denunce,
decise di avocare a sé la questione; tuttavia, dopo lungaggini e
riflessioni che passarono dall’Inquisizione, nel 1607 papa Clemente VIII
si pronunziò ritenendole entrambe lecite. Aggiunse soltanto la
proibizione di continuare con le accuse reciproche: un atto di saggezza
ché i due contendenti erano già defunti.
Rileggere il nucleo
dell’opera di de Molina e riflettere sulla controversia, ora diventa di
nuovo possibile grazie alla nuova edizione, uscita nella «Bibliothéque
Scolastique» delle Belles Lettres con il titolo Des secours de la grâce.
In essa sono state raccolte una decina di dispute della sua opera,
Concordia liberi arbitrii cum gratiae donis, pubblicata a Lisbona nel
1588; viene dato il testo latino, la traduzione francese, un notevole
apparato di note a cura di Paola Nicolas. Un lavoro utile che si
aggiunge a traduzioni parziali come quella realizzata dalla Cornell
University Press nel 1988, o l’integrale uscita a Oviedo, in spagnolo,
presso la Fundacion Gustavo Bueno nel 2007. Riprendere insomma a
riflettere sul fatto che, per de Molina, anche dopo il peccato
originale, la natura umana è rimasta immutata.
Luis de Molina, Des secours de la grâce , Les Belles Lettres, Paris, pagg. 386, € 55