«è legittimo pensare che Maria, pur se vergine fino al concepimento e
alla nascita di Gesù, avesse in seguito avuto da Giuseppe altri figli.
Due di essi, anzi (Giacomo e Giuda), ebbero ruoli prominenti nel
cristianesimo ebraico. La notizia creava imbarazzo sul piano dottrinale e
andava eliminata»
Il Sole Domenica 11.12.16
Sulle tombe dei 12 apostoli
di Ermanno Bencivenga
Tom
Bissell collabora a «Harper’s Magazine» e «The New Yorker». Apostle è
il suo nono libro: un diario di viaggio che aspira a cogliere un senso
universale in un’esperienza di profonda, intima individualità. Bissell
fu allevato in una famiglia cattolica e si descrive come un entusiastico
chierichetto fino all’età di sedici anni. Fino a quando, cioè, appurò
che le scritture che riteneva inviolabile verità di fatto erano un
complesso e precario amalgama di storie differenti, più il labile
prodotto di controversie politiche e culturali che il sereno resoconto
di quanto era avvenuto. A una fede più robusta della sua sarebbe bastato
ripetere la tautologia che, se un testo è rimaneggiato e controverso,
ciò non esclude che sia vero; per lui, la cosmica improbabilità di tale
combinazione fu sufficiente per abbandonare la fede. Non, tuttavia, per
abbandonare l’interesse verso il Cristianesimo, e intraprendere il
viaggio che qui racconta: una visita alle tombe dei dodici apostoli
Visitare
tutti i luoghi che rivendicano la presenza di reliquie degli apostoli
avrebbe comportato una fatica improba, perché per ciascuno di loro molti
luoghi si contendono o condividono l’onore. Quindi Bissell ha deciso
che si sarebbe limitato a un solo sepolcro per apostolo, e per
completare l’opera ha spaziato dalla Palestina (per Giuda Iscariota) a
Roma (per Pietro, Bartolomeo, Filippo e Giacomo il Minore), dalla Grecia
(per Andrea) alla Spagna (per Giacomo il Maggiore), dalla Francia (per
Simone Cananeo e Taddeo) alla Turchia (per Giovanni), dall’India (per
Tommaso) al Kirghizistan (per Matteo). Ma il suo pellegrinaggio non si è
svolto solo nello spazio: i dubbi sull’effettiva provenienza di tibie e
crani sono presto diventati, per lui, un simbolo della suprema
incertezza dei fatti di cui i presunti portatori di quelle ossa
avrebbero dovuto dare testimonianza.
Mi limiterò a un esempio. Nel
Nuovo Testamento vengono più volte menzionati fratelli e sorelle di
Gesù, quindi è legittimo pensare che Maria, pur se vergine fino al
concepimento e alla nascita di Gesù, avesse in seguito avuto da Giuseppe
altri figli. Due di essi, anzi (Giacomo e Giuda), ebbero ruoli
prominenti nel cristianesimo ebraico. La notizia creava imbarazzo sul
piano dottrinale e andava eliminata. Nel secondo secolo un’opera
apocrifa intitolata il Protovangelo di Giacomo propose una soluzione
tuttora dominante nella chiesa ortodossa: i fratelli di Gesù erano suoi
fratellastri, nati da un precedente matrimonio di Giuseppe. La soluzione
adottata in Occidente fu quella proposta da San Girolamo nel quarto
secolo: la Maria madre di Gesù aveva una sorella anch’essa di nome Maria
e i fratelli di Gesù erano suoi cugini. L’antico chierichetto
entusiasta non poteva che rimanere perplesso davanti a un fatto scoperto
a tre secoli di distanza, in base a una semplice congettura e in
preoccupante sintonia con un dogma che si andava consolidando. Di chi
siano i resti venerati nella Basilica dei Santi Dodici Apostoli a Roma
sotto il nome di Giacomo traspare così come una metafora di un percorso
tracciato nei primi secoli dell’era cristiana, che trasformò un
predicatore di Galilea nella manifestazione di un dio trinitario, e la
vera domanda che s’impone al proposito riguarda l’identità di Giacomo:
fratello di Gesù e suo autorevole successore nel cristianesimo
gerosolimitano oppure suo «minore» seguace?
Il libro ha
un’epigrafe, della poetessa Anne Carson: «My religion makes no sense and
does not help me therefore I pursue it». Le oltre quattrocento pagine
che la seguono sono un tentativo non tanto di spiegarla (alla fine, il
mistero rimane) ma di articolarla. Durante il suo pellegrinaggio,
Bissell incontra persone intelligenti e rispettabili fermamente
impegnate a credere affermazioni balzane, riconosce le esigenze emotive
(di conforto, di rassicurazione) che stanno alla base di questa loro
fede e non può non interrogarsi su che cosa, nella sua psiche, adempia
alla stessa funzione. La risposta è: la letteratura, che giudica meno
fragile della religione. Perché meno fragile? Perché, dice, non è
vulnerabile ai fatti. Sembra una posizione strampalata, ma in fondo ha
una sua ragionevolezza: sui fatti possiamo litigare, anche combattere, e
talvolta finiamo per avere torto. La mitopoiesi che genera storie,
invece, non è un gioco a somma zero: una storia non ne esclude altre; il
calderone delle storie ha dimensioni infinite. Può essere con l’intento
di ricordarcelo che Bissell ci congeda con un capitolo, sulle
cinquecento miglia a piedi che ha fatto per raggiungere Santiago di
Compostela, dove (chissà) riposa Giacomo il Maggiore, che è il più breve
del libro. Lo è perché delle cinque settimane di marcia non parla; ne
parlerà, forse, un’altra volta.
Tom Bissell, Apostle: Travels among the Tombs of the Twelve , Pantheon Books, New York, pagg. xxii+407, $ 28,95