Il Sole Domenica 11.6.12
Regole monastiche dell’Occidente
Ora, mangia et labora
Le norme di vita nei cenobi erano molto concrete, ma il loro fine era l’elevazione spirituale dei monaci
di Gianfranco Ravasi s.j.
Tempo
fa ho ricevuto da un amico che vive in Germania il volume di un a me
ignoto filosofo coreano, Byung-Chul Han, segnato da un titolo enigmatico
Duft der Zeit, ossia «il profumo del tempo», accompagnato da un
sottotitolo più esplicativo e comprensibile, Ein philosophischer Essay
zur Kunst des Verweilens, un saggio dedicato dunque all’«arte del
soffermarsi, dell’attardarsi, del sostare». Lessi allora qualche
capitolo e annotai una frase suggestiva, costruita sulla bipolarità
semantica del termine greco pnéuma, che significa sia soffio, vento,
respiro sia spirito: «Chi perde il respiro, perde anche lo spirito», per
cui – continuava il filosofo coreano – noi viviamo ora in un tempo di
assoluta “dispnea”.
Mi è venuto in mente questo saggio (che mi si
dice verrà tradotto prossimamente in italiano da Vita e Pensiero)
sfogliando e centellinando qua e là l’imponente raccolta di Regole
monastiche d’occidente approntata con tutti i crismi del rigore critico
da Cecilia Falchini, una monaca di Bose, la comunità diretta da Enzo
Bianchi. È lui che prende per mano, attraverso una nitida introduzione,
il lettore per non lasciarlo smarrire in una vera e propria foresta
testuale. Perché evocavo «il profumo del tempo»? Proprio perché la
contemplazione e il silenzio che aleggiano in queste pagine sono una
vera e propria esercitazione a ritrovare il respiro del corpo e lo
spirito dell’anima, “soffermandosi” ad aspirare l'aroma delle ore e dei
giorni.
Il titolo della raccolta mette in luce, però, un’altra
dimensione di questo piccolo oceano di scritti, a prima vista
alternativa rispetto alla solitudine (“monaco” deriva da mónos, “solo,
unico”), cioè la vita cenobitica che, come indica la matrice greca,
suppone invece una vita (bíos) condotta in comune (koinós). La
titolatura, infatti, è una citazione biblica: «Abitare come fratelli
insieme». È la resa dell’ebraico shebet ’ahîm gam-jahad del primo
versetto del Salmo 133, una deliziosa miniatura fatta nell’originale di
sole 37 parole, ove forse si descrive (o si auspica) l’armonia tra i
membri della comunità sacerdotale che guida il culto nel tempio di
Gerusalemme. Uno stare insieme che, se veramente fraterno, sarebbe tôb e
na’îm, ossia “buono/bello” e “affascinante/delizioso”.
Cosa che
non sempre e facilmente si realizzava, stando a queste regole
monastiche, se esse dovevano premurarsi di denunciare il rischio
dell’avarizia, della lussuria, della collera, dell’invidia, della
maldicenza e mormorazione, dell’ozio, della superbia e così via,
preoccupandosi persino delle questioni concrete connesse al lavoro, alla
cucina, all’igiene, al riso sguaiato, alla condanna della caccia e ad
altro ancora. Ed è proprio questa concretezza – che potrà stupire coloro
che immaginano i monasteri come piste di decollo verso cieli mistici – a
permettere che l’aria spirituale sia pura e le grandi colonne che
sostengono l’architettura interiore della comunità siano ben solide. Si
tratta di quei pilastri che vengono descritti in tanti modi in queste
pagine ma che sono costanti, come la preghiera, la povertà e la
condivisione dei beni, l’obbedienza, il celibato, la lettura, il lavoro,
l’ospitalità.
Il cuore pulsante del cenobio è, comunque, Cristo,
il suo Vangelo, che è l’anima di tutte le regole, la liturgia, l’amore
fraterno. Leggendo questa vera e propria enciclopedia dell’anima che dal
IV secolo fino al VII vede svilupparsi almeno una ventina di regole
monastiche, ci si accorge che la vera spiritualità sa coniugare il
minimo all’infinito, annodare il tempo all’eterno, intrecciare la
pesantezza della quotidianità alla danza della grazia, incrociare il
turgore della corporeità con la lievità dell’anima. Cecilia Falchini
parte dalle regole dell’Africa mediterranea ove emerge, gigantesca per
l’influsso che eserciterà, la Regola di Agostino; procede mostrando come
la ricchezza spirituale dell’Oriente cristiano sia stata travasata in
Occidente (sorprendenti sono le 203 domande e risposte del Parvum
ascetikon del grande Basilio, vescovo di Cesarea del IV sec.); giunge
poi in Gallia, una regione particolarmente fertile di esperienze
religiose, cristallizzate in una decina di testi normativi, non di rado
desunti dalla spiritualità orientale.
Non manca una puntata
nell’Irlanda, la terra di san Colombano, e un viaggio “fruttuoso” anche
in Spagna ove, accanto al famoso Isidoro di Siviglia, testimone
dell’epoca ispanico-visigotica, c’è appunto un Fruttuoso, un
aristocratico che visse a Compluto (León) e divenne poi vescovo di Braga
nel 656. Abbiamo lasciato per ultimo il nostro paese, non perché sia
stato privo di proposte spirituali, ma perché la figura di Benedetto con
la sua regola – forse una delle più note anche alla cultura “laica”
attuale – costituisce un caposaldo fondamentale. Anzi, a partire dal IX
secolo in Europa il modello benedettino iniziò a stendere il suo manto
anche sulle altre forme monastiche, divenendo una sorta di pietra di
paragone o di archetipo generale su cui uniformarsi.
Preziosa è,
dunque, questa panoramica che si allarga su un orizzonte variegato,
divenendo uno specchio circolare dell’intera spiritualità occidentale.
Essa rifletteva anche la civiltà e il terreno sociale dal quale le varie
tipologie religiose sbocciavano, fiorivano e fruttificavano. Alla
radice, comunque, c’era la fede e quel respiro dello spirito da cui
siamo partiti. Una lezione, quindi, anche per i nostri giorni vissuti in
apnea o in dispnea interiore, perché – era già Pascal a registrarlo nei
suoi Pensieri (n. 139) – «tutta l’infelicità degli uomini deriva da una
cosa sola: l’incapacità di starsene tranquilli, in una camera». Ma non
per fissare, atonici, il vuoto. Era Kafka nei sui Aforismi di Zürau a
ricordarcelo: «Non è necessario che tu esca di casa. Rimani al tuo
tavolo e ascolta. Non ascoltare neppure, aspetta soltanto. Non aspettare
neppure, resta in perfetto silenzio e solitudine. Il mondo ti si
offrirà per essere smascherato, non ne può fare a meno...».
Cecilia
Falchini (a cura di), Abitare come fratelli insieme. Regole monastiche
d’occidente , introduzione di Enzo Bianchi, Qiqajon, Bose (Biella),
pagg. 1116, € 60