Corriere La Lettura 11.12.16
Domenicani. I guardiani del gregge
Domenico propone di contrastare l’eresia catara attraverso la parola, la dottrina e uno stile di vita «mendicante»
Ma l’Ordine, non potendo contare sul carisma di Francesco d’Assisi, punta soprattutto sui primi due elementi
di Marco Rizzi
Il 22 dicembre 1216 nascono i domenicani: difesa dell’ortodossia e formazione intellettuale
I
domenicani non godono di buona fama. Nella cultura pop recente, la loro
immagine è associata all’oscuro Medioevo del Nome della rosa di Umberto
Eco (e al film di Jean-Jacques Annaud che ne è stato tratto), in cui
l’implacabile e crudele inquisitore Bernardo Gui indossa l’abito bianco e
il mantello nero dell’Ordine dei Predicatori. Non per caso, dal romanzo
prende le mosse il breve profilo storico I domenicani , pubblicato da
Massimo Carlo Giannini per il Mulino a 800 anni esatti dalla bolla con
cui Papa Onorio III, il 22 dicembre 1216, confermava il consenso alla
forma di vita scelta a Tolosa da un gruppo di sacerdoti, impegnati nella
predicazione contro l’eresia catara.
Il loro leader, Domenico,
proveniva dalla città spagnola di Calaruega, a sud di Burgos, dove era
nato poco dopo il 1170 (l’appartenenza alla casata dei Guzman è una
attribuzione posteriore, ora rigettata dalla storiografia); figura di
spicco del clero locale, aveva affiancato il vescovo Diego di Osma in
alcune missioni diplomatiche. Nel corso di una di queste, intorno al
1205, Domenico entrò in contatto a Montpellier con i legati papali che
Innocenzo III aveva inviato a contrastare i catari. Domenico propone una
nuova strategia di predicazione, che fa forza, oltreché sulla parola e
la dottrina, su uno stile di vita «apostolico», ispirato cioè alla
povertà e alla vita comune dei primi cristiani. Nasce così la prima
«casa» dei Predicatori a Tolosa. Di Domenico, morto a Bologna nel 1221,
non si ha certezza storica di molto di più, se non dell’attività di
promotore e organizzatore dell’Ordine, svolta in stretto contatto con il
papato. L’anno precedente era stata presa una decisione fondamentale:
la rinuncia a ogni forma di proprietà, che portò ben presto i domenicani
ad essere associati ai francescani, la cui regola venne approvata nel
1223, quali «ordini mendicanti». Lo stretto legame creatosi tra le due
famiglie religiose sarà celebrato già a pochi decenni di distanza da
Dante nell’XI e nel XII canto del Paradiso .
A differenza di
Francesco, però, Domenico non era un leader molto carismatico. Non
potendo contare su un’origine così luminosa, i domenicani costruirono la
propria identità attorno a due pilastri: la formazione intellettuale
dei membri e la difesa granitica dell’ortodossia ecclesiastica a ogni
livello, dalla predicazione alla speculazione teologica, con conseguenze
che si sono proiettate sino a oggi. Negli affreschi realizzati da
Andrea di Bonaiuto intorno al 1365 per il convento di Santa Maria
Novella, i frati predicatori sono raffigurati, giocando sul termine
latino Domini-canes , come cani bianchi pezzati di nero che difendono il
gregge della Chiesa dai lupi-eretici.
Se Tommaso d’Aquino
rappresenta il punto di riferimento dottrinale dell’Ordine, la devozione
popolare è stata indirizzata piuttosto verso la figura di Pietro da
Verona, ucciso nel 1252 poco fuori Milano, a Barlassina, mentre
esercitava il ruolo di inquisitore. L’agiografia domenicana ne fece una
vittima degli eretici catari (non senza dubbi degli storici moderni, che
collocano il delitto anche sullo sfondo dei conflitti cittadini):
morendo per un colpo di lama alla testa, Pietro avrebbe tracciato col
sangue la parola «credo», consacrando così con il martirio la dedizione
dell’Ordine all’ortodossia (la roncola piantata nella testa con cui
viene raffigurato l’inquisitore non sfigurerebbe in una pellicola pulp
alla Tarantino).
Nella chiesa di Sant’Eustorgio a Milano, la
vicenda di Pietro Martire è celebrata dagli straordinari affreschi di
Vincenzo Foppa nella cappella fondata da Pigello Portinari,
rappresentante lombardo del Banco dei Medici alla metà del Quattrocento.
Indizio del successo e del prestigio dell’Ordine, ma pure dei conflitti
e delle rivalità che lo attraversavano, è la decisione presa verso la
fine dello stesso secolo da Ludovico il Moro di eleggere a luogo di
sepoltura proprio e di tutta la casata degli Sforza l’altro convento
domenicano della città, quello di Santa Maria delle Grazie, da poco
fondato, e di farvi affrescare da Leonardo l’ Ultima cena , senza poter
immaginare che Dan Brown nel Codice da Vinci ne avrebbe fatto un
manifesto degli eretici in casa degli inquisitori.
In realtà, la
vicenda dell’Ordine appare ben più complessa della dicotomia tra
ortodossia ed eresia, predicazione e inquisizione, che sembra segnarla
indelebilmente. Domenicani furono Girolamo Savonarola, profeta politico
propugnatore di una rivolta dal basso per l’instaurazione di una nuova
Gerusalemme nel nome di Cristo, impiccato e bruciato sul rogo a Firenze
nel 1498 per ordine di un tribunale ecclesiastico del quale era
componente il generale dell’Ordine, Gioacchino Torriani; Giordano Bruno,
arso vivo nel 1600 in Campo de’ fiori a Roma, su ordine
dell’Inquisizione, divenuto dopo l’Unità la bandiera dell’Italia
anticlericale, che dopo una lunga lotta riuscì a fargli erigere una
statua sul luogo del rogo; Tomaso Campanella, che scampò al destino dei
due confratelli fingendosi pazzo, trascorrendo quasi trent’anni in
carcere a Napoli, per essere infine riabilitato e accolto prima da Papa
Urbano VIII come esperto d’astrologia e di oroscopi, successivamente da
Luigi XIII e dal cardinale Richelieu, sino alla morte nel 1639.
Saldamente
all’interno della Chiesa cattolica, ma sul confine di esperienze
coraggiosamente al di là di una pacificata acquiescenza allo status quo.
si collocano molte altre figure della storia domenicana. Per un Ordine
associato per lo più alla sua componente maschile, straordinariamente
acculturata, Caterina da Siena, donna, analfabeta, priva di dote (era la
penultima di 25 figli di una coppia più prolifica che benestante),
poteva rappresentare più di un problema; la sua ammissione al
Terz’ordine domenicano, le suore cosiddette mantellate, dal mantello
nero che indossavano sopra la veste bianca, fu a lungo osteggiata dalla
famiglia e dall’Ordine stesso, che normalmente vi accoglieva vedove e
donne mature che volevano ritrarsi dal mondo. Ma la sedicenne Caterina
visse sin da subito la sua vocazione come un modo di vita autonomo in
mezzo al mondo, sempre in movimento nella sua azione a favore della
riforma della Chiesa, che la porterà sino ad Avignone per implorare il
Pontefice di fare ritorno a Roma, ottenuto infine nel 1377, pochi anni
prima della morte.
Tratti di ancora maggiore modernità mostra la
parabola umana e religiosa di Bartolomé de Las Casas, giunto già
sacerdote nell’America da poco scoperta, impegnatosi a mitigare
l’asprezza dello sfruttamento coloniale spagnolo, ma convertitosi a
posizioni ben più drastiche a seguito della predicazione di un manipolo
di frati domenicani, capeggiati da Pedro de Cordoba, che denunciano con
toni apocalittici il comportamento anticristiano dei conquistatori.
Entrato nell’Ordine, Bartolomé diviene in breve il protector de los
Indios , impegnato a loro difesa sul piano teorico e pratico, unendo
riflessione giuridica e lobbying politica presso la corte madrilena,
aristotelismo tomistico e denuncia dell’imperialismo.
In questa
direzione, valorizzare la complessità, se non anche la contraddittorietà
della vicenda domenicana per renderne un’immagine più veritiera è
l’obiettivo dichiarato di un volume a più voci curato per Laterza da due
storici, Gianni Festa e Marco Rainini, che non si ferma alla storia
istituzionale e ai maggiori protagonisti, ma esplora ambiti e figure
meno conosciute, che contribuiscono a illustrare come sia stato
possibile che uno tra i più grandi teologi domenicani del XX secolo,
Yves Congar, abbia potuto affermare che «grazie alla storia, percepiamo
l’esatta proporzione delle cose, evitiamo di considerare tradizione
quello che è nato l’altro ieri e che nel corso del tempo è cambiato più
di una volta». Come la Chiesa, anche i «cani del Signore» possono
mostrare volti inattesi.