Il Sole Domenica 11.12.16
Anticonformisti
Ritardatari dunque creativi
di Patrizia Caraveo
Come
avviene il processo creativo? È una lampadina che si accende
all’improvviso oppure è il risultato di una lenta elaborazione più o
meno inconscia? Evidentemente devono esistere entrambe le tipologie, ma
sono sicura che la maggioranza delle persone trovi più naturale legare
la creatività all’idea folgorante piuttosto che ad un lungo processo di
riflessione. Eppure sembra che non sia proprio così. Nel suo ultimo
libro Originals. How non-conformists move the world, Adam Grant sostiene
che le soluzioni più creative vengono dai procrastinatori, quelli che
rimuginano a lungo sulle idee e tipicamente aspettano l’ultimo momento
per rispondere a un bando di gara o mandare una richiesta di
finanziamento. Questo non significa che fare le cose all’ultimo momento
porti a risultati migliori. Le pensate più creative vengono da quelli
che hanno macinato a lungo un problema, non dai ritardatari.
È il
risultato di una ricerca dove i partecipanti (si trattava di studenti
dell’Università del Wisconsin) sono stati richiesti di immaginare delle
soluzioni per occupare uno spazio libero nel loro campus. Un po’ come è
successo nel caso del dopo EXPO, per fare un esempio concreto. Le
proposte dei procrastinatori, che hanno preso del tempo per proporre le
loro soluzioni, sono risultate mediamente più creative di quelle di
coloro che avevano risposto più rapidamente. Ovviamente, aspettare fino
all’ultimo momento non è sempre una buona scelta, nel caso EXPO le
soluzioni più meditate sono state bruciate dal lampo di genio del Primo
Ministro, ma non è di questo che parla il libro.
Lasciar
sedimentare le idee, magari facendo altro, mentre in qualche angolo del
cervello cerchiamo una soluzione, forse non aumenta la produttività, ma
indubbiamente produce risultati migliori. Se si vuole fare presto, non
si esplorano nuove vie e si percorrono i sentieri più convenzionali. Se
invece ci si concede più tempo, il pensiero è più elaborato e magari
emergono collegamenti con altri campi o con esperienze precedenti,
insomma la soluzione è più creativa. Dopo tutto, Michelangelo ha
temporeggiato anni prima di iniziare il Giudizio Universale della
Cappella Sistina, Rossini finiva all’ultimissimo momento (a volte anche
fuori tempo massimo) di scrivere le ouvertures delle sue opere. Frank
Lloyd Wright lasciò passare un anno prima di produrre, forzato dal
committente esasperato, lo schizzo della Casa sulla cascata. Martin
Luther King mise mano al suo famoso discorso «I have a dream» la notte
prima del fatidico 28 agosto 1963 e lo stesso ha sempre fatto Bill
Clinton. Anche Steve Jobs sembra sia stato un accanito procrastinatore e
non possiamo certo dire che mancasse di creatività.
Curiosamente,
il più sorpreso di questo risultato è proprio l’autore che, pur essendo
sempre stato uno di quelli che fanno le cose presto e bene, ha dovuto
ricredersi. Convinto del risultato, ha iniziato a farsi forza per
imparare a procrastinare, nella speranza di aumentare anche la sua di
creatività.
Adam Grant,Originals: How Non-Conformists Move the World , Viking, pagg.336 $27,01