Il Sole 2.12.16
Aperture sul modello Norvegia, sterlina record
Londra pronta a pagare per restare nel mercato Ue
di Leonardo Maisano
Sotto
la retorica, niente. Si dissolvono le infuocate parole d’ordine della
campagna referendaria e, a meno di sei mesi dal no alla Ue, Londra si
dice pronta a staccare un assegno per avere accesso privilegiato al
mercato interno. È una mossa da Realpolitik dopo mesi di demagogia,
nella consapevolezza che la partecipazione al single market resta vitale
per il destino economico britannico. Lo impone la logica prima ancora
dei bilanci di imprese e banche. Una logica che sembra aver finalmente
illuminato David Davis, ministro per la Brexit, primus inter pares fra i
tre moschettieri del fronte Leave che Theresa May ha collocato nei
ministeri-chiave del Paese.
David Davis ha ammesso la centralità
del rapporto commerciale anglo-europeo, così, come – in un altro
scenario casualmente concomitante – il ministro degli Esteri Boris
Johnson aveva ammesso di non aver niente contro la libera circolazione
dei lavoratori Ue. Voce del sen fuggita, in questo caso, avendo il
Foreign Office smentito quanto riportato da ambasciatori presenti
all’esternazione dell’ex sindaco di Londra.
Si aprono crepe nella
linea della fermezza, in quella strategia della botte piena e moglie
ubriaca – eat the cake and have it – apparsa a lungo come l’arrogante
posizione negoziale di Londra, decisa a cogliere il meglio della Ue
lasciandosi alle spalle oneri e costi.
La Gran Bretagna sta
mutando forma e sostanza nell’approccio post-referendum al ritmo di uno
scacco dopo l’altro. Il teatrino di queste ore con Davis e Johnson segue
il verdetto dell’Alta corte che ha ridato al parlamento un ruolo
centrale nella Brexit e giunge poche ore dopo la “sorpresa” che ha colto
Theresa May per l’inatteso pollice verso di Berlino.
La signora
premier sperava, infatti, di riuscire a chiudere entro Natale un accordo
preliminare con i partner sul diritto di residenza dei cittadini Ue in
Gran Bretagna e di quelli britannici nella Ue. Non sarà così, salvo
nuovi colpi di scena. Angela Merkel ha ribadito quanto la Ue nella sua
totalità va sostenendo da sempre : le trattative e i conseguenti accordi
potranno arrivare solo dopo l’avvio della procedura di recesso prevista
dall’articolo 50 dei trattati. Il Regno Unito vuole intese, o almeno
chiacchiere, preliminari, per sondare il terreno e capire come meglio
procedere.
Solo la fermezza dei partner potrà svelare del tutto il
bluff di Londra, allineandola lungo le linee fondamentali di una
trattativa che non può prevedere lo spacchettamento delle quattro
libertà del single market, se non si vuole pregiudicare l’esistenza
stessa dell'Unione.
La fermezza, oltre all’evidenza dei fatti,
comincia a pagare, accelerando il progressivo allontanamento della Gran
Bretagna dagli slogan ad alto tasso di demagogia della campagna
referendaria. Quella era retorica. E sotto la retorica non resta niente,
se non la consapevolezza che per essere la parvenza di quel partner che
si era, tocca pagare. Tanto, probabilmente.