venerdì 2 dicembre 2016

Corriere 2.12.16
Perché l’Onu non risolve la crisi della Siria
risponde Sergio Romano

Mi domando che cosa ci stia a fare una istituzione come l’Onu, se non è in grado di fermare la carneficina in atto ad Aleppo, la Dresda siriana e si limita ad avvertire che viveri e medicinali scarseggiano? L’Organizzazione mondiale della Sanità ha confermato che tutti gli ospedali della zona, bersagliati da mesi nei raid aerei, sono «fuori servizio». Che cosa si aspetta a intervenire? Che i 200 mila abitanti, di cui 100 mila bambini, intrappolati ad Aleppo Est, vengano messi anch’essi «fuori servizio»?
Monica Cesarini

Cara Signora,
L’Onu è presente nella crisi siriana da parecchi mesi. Nel tentativo di portare le parti al tavolo dei negoziati ha già nominato alcuni delegati speciali (l’ultimo è un diplomatico italo-svedese, Staffan De Mistura) e gestisce, nella misura del possibile, il problema degli aiuti umanitari alle popolazioni coinvolte nel conflitto. Ma lei pensa probabilmente alla possibilità di un intervento militare che consista, per lo meno, nello spiegamento di una forza di interposizione fra i combattenti. E qui, inevitabilmente, cominciano subito le obiezioni e gli ostacoli di varia natura. In una guerra in cui non esistono due eserciti omogenei e contrapposti, la forza di interposizione rischia di essere colpita dal fuoco provocatorio di coloro che hanno interesse a violare la tregua e a proseguire il conflitto. Bisognerà quindi che i caschi blu delle Nazioni Unite, anziché limitarsi a controllare una «terra di nessuno» e a sventolare bandiere di pace, siano pronti a reagire con le armi. Perché questo accada, tuttavia, occorre una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, vale a dire l’approvazione delle cinque grandi potenze che hanno un diritto di veto. Ma ciascuna di queste potenze è più o meno direttamente coinvolta con i propri interessi nel conflitto siriano e non è disposta ad autorizzare una libertà d’azione che potrebbe nuocere ai propri amici e clienti.
Quando fu scritta la carta delle Nazioni Unite, nella primavera del 1945, fu prevista la istituzione di un Comitato militare che sarebbe potuto diventare lo stato maggiore di un esercito mondiale. Quando divenne segretario generale delle Nazioni Unite nel 1991, il diplomatico egiziano Boutros Boutros-Ghali preparò una Agenda per la pace, diffusa nel 1992, che prevedeva tra l’altro la creazione di un esercito permanente al servizio dell’Onu. Ma una tale prospettiva non piacque, in particolare, agli Stati Uniti.
Tutto questo, cara Signora, non significa che l’Organizzazione delle Nazioni Unite sia inutile. Il giorno in cui venisse deciso di sopprimerla ci accorgeremmo che svolge in molte parti del mondo operazioni utili, soprattutto sul piano umanitario. Ma non è, e forse non sarà mai, l’embrione di un governo del mondo.