venerdì 2 dicembre 2016

Corriere 2.12.16
Usa
Le coste progressiste e l’entroterra reazionario
di Massimo Gaggi

Calexit? Incuranti dei fallimenti dei tentativi precedenti, come quello finanziato nel 2014 dal miliardario della Silicon Valley Tim Draper, i ribelli anti-Trump raccolti sotto l’etichetta «Yes California» hanno lanciato una raccolta di firme per un referendum (novembre 2018) sull’uscita del grande Stato della «West Coast» dall’Unione. Idea suggestiva ma velleitaria che ricorda i propositi indipendentisti dei conservatori del Texas 8 anni fa, dopo l’elezione del primo presidente nero: anche se i californiani si esprimessero per la secessione, per l’effettiva separazione sarebbe necessario il voto favorevole dei due terzi del Congresso e di ben 38 dei 50 Stati.
L’iniziativa è, però, il termometro del profondo disagio dello Stato più ricco e popoloso d’America per una svolta politica federale che non solo contrasta coi sentimenti di elettori che si erano espressi a favore di Hillary Clinton con ampio margine (quasi 4 milioni di voti di differenza su 13,7 milioni di schede scrutinate), ma rischia di vanificare tutte le scelte progressiste fatte dalla California negli ultimi anni. Comprese quelle dei referendum dell’8 novembre: più tasse per i ricchi, marijuana liberalizzata, più controlli sulla diffusione delle armi con nuovi limiti alla vendita di caricatori e munizioni, ampliamento delle possibilità d’istruzione per i figli di immigrati con l’insegnamento in più lingue.
Ma Trump è durissimo sugli immigrati e vuole addirittura cancellare le ordinanze di Obama che oggi consentono ai figli dei clandestini di studiare senza il rischio di essere espulsi. E il suo ministro della Giustizia, Sessions, si è già detto contrarissimo alla liberalizzazione della marijuana il cui uso resta un reato federale.
Come già anni fa, quando gli Stati conservatori fecero di tutto per boicottare la riforma sanitaria di Obama, si prospetta una guerra di trincea della California contro Washington per difendere le sue norme e le sue politiche per la tutela ambientale, il risparmio energetico e il mantenimento di Obamacare: una riforma che ha dato la sanità a un milione e mezzo di californiani che erano privi di qualunque copertura.
Più che per la scelta di un candidato anomalo come Trump, oggi la democrazia americana appare febbricitante per la contrapposizione sempre più netta tra la nazione progressista delle metropoli delle due coste e quella di un interno depresso e rancoroso ma determinante.