Il Sole 14.12.16
Nel Pd braccio di ferro con la sinistra sul voto: il governo è a tempo
Ad Anna Finocchiaro il compito di seguire la legge elettorale
di Emilia Patta
ROMA
Pieno sostegno al governo di Paolo Gentiloni ma nell’ambito di un
orizzonte circoscritto, che è quello di armonizzare il sistema
elettorale tra Camera e Senato quando finalmente sarà nota la decisione
della Corte costituzionale sull’Italicum, il prossimo 24 gennaio, per
poi tornare alle urne il prima possibile. Anche perché con il voto
referendario del 4 dicembre che ha bocciato la riforma del Senato e del
Titolo V una fase è finita, e di fatto la legislatura. Questa, in
sostanza, la linea del Pd ribadita ieri dal capogruppo Ettore Rosato
nell’assemblea deputati dem che ha preceduto il voto di fiducia alla
Camera. E proprio sulla durata del governo, alla quale il nodo della
legge elettorale è legato, la minoranza bersaniana alza le barricate.
Durante l’assemblea è tra gli altri l’ex segretario Guglielmo Epifani a
dire che non bisogna condizionare in partenza il lavoro di un governo
che sarà impegnato in particolare sulla legge elettorale.
La
materia elettorale, come ha ribadito anche Gentiloni nel suo discorso di
insediamento, è stata lasciata dal governo appena insediatosi al
confronto tra i gruppi parlamentari. Senza più il ministero per le
Riforme, la decisione del governo di non intervenire mentre si attende
la sentenza della Consulta sull’Italicum a fine gennaio, è anche una
presa d’atto che se la stagione del Pd a vocazione maggioritaria non è
del tutto finita ha quantomeno subito una battuta d’arresto. «La verità è
che stiamo tornando alla Prima Repubblica», ripete il leader Matteo
Renzi nelle conversazioni di questi giorni dal suo ritiro di
Pontassieve. Ed è evidente che Renzi al di fuori di uno schema
maggioritario ci si vede molto poco. Tanto è vero che durante la crisi
che ha preceduto la nomina di Gentiloni da parte del Capo dello Stato
Renzi ci ha pensato davvero all’ipotesi di un rinvio alle Camere,
insomma a restare in sella fino al voto. In quelle ore la suggestione è
stata quella di fare una sorta di blitz: approvare il Mattarellum in
Parlamento nel giro di pochi giorni in modo da anticipare la Consulta,
che a quel punto avrebbe fatto decadere la sua sentenza sull’Italicum
non più in vigore, e tornare così alle urne a stretto giro.
Il
problema è che il Mattarellum, basato per il 75% su collegi uninominali e
solo per il 25% su liste proporzionali, non lo vogliono gli alleati
centristi di Angelino Alfano non lo vuole Forza Italia e non lo vuole
neanche il Movimento 5 stelle nonostante le «meline» sull’argomento.
Quindi al momento la linea è: o si fa una legge elettorale che riporti
verso un sistema anche solo in parte maggioritario oppure si aspetta la
Consulta si recepisce e si va al voto. E per evitare che la cosa sfugga
di mano nel gioco parlamentare volto al “rallentamento” la pratica è
stata affidata ad una esperta come Anna Finocchiaro, già presidente
della commissione Affari costituzionali del Senato e convinta
sostenitrice della riforma costituzionale bocciata al referendum: nella
sua nuova veste di ministra per i Rapporti con il Parlamento sarà lei a
vegliare sulla delicata materia come «facilitatrice» e «sollecitatrice»
del confronto.