Il Sole 11.12.16
«Mosca ha aiutato Trump a vincere»
La Cia accusa il Cremlino di hackeraggio in campagna elettorale
Il presidente eletto replica: falsità .
Nbc: al dipartimento di Stato Rex Tillerson, ceo di Exxon e vecchio amico di Putin
di Marco Valsania
New
York Donald Trump ha avuto un Grande Elettore d’eccezione: Vladimir
Putin. La Cia e le altre agenzie americane di intelligence hanno
concluso che la Russia non ha soltanto cercato di screditare la
democrazia statunitense e seminare caos nel processo elettorale, ha
fatto in realtà del proprio meglio per spingere il costruttore e
personalità televisiva divenuto leader populista e repubblicano oltre
l’uscio della Casa Bianca e dentro lo Studio Ovale.
La
rivelazione-shock è del Washington Post, che cita fonti
dell’intelligence, poi confermata da altri media. E getta una luce
inquietante forse non solo e non tanto sulla credibilità di Trump - il
sospetto che possa venire manipolato alla stregua di una sorta di
“Manchurian candidate” dagli interessi di Mosca - quanto sulle sue
nomine e scelte in politica estera. In queste ore è affiorato il nome di
Rex Tillerson, chief executive del colosso petrolifero Exxon Mobil,
quale favorito per la poltrona di segretario di Stato dopo che a lungo
in pole position era parso invece Mitt Romney e dopo il ritiro di Rudy
Giuliani. Tillerson, dato già per certo ieri dalla Nbc, è ritenuto un
candidato insolito come piacciono a Trump, ma soprattutto una colomba
con Putin; Romney è un assai più tradizionale critico del Cremlino e
delle sue manovre in Siria e Ucraina. Al comando della maggiore regina
quotata dell’oro nero, Tillerson ha orchestrato con Mosca e Putin stesso
accordi di business e sui diritti per giacimenti messi in discussione
dall’avvento di sanzioni. Trump, in campagna elettorale, ha inoltre più
volte ripetuto di aspirare a rapporti di cooperazione con Putin, che se
ne è rallegrato.
Gli agenti dei servizi segreti americani
avrebbero adesso identificato specifici individui con stretti legami con
Mosca che sono stati la fonte di migliaia di e-mail rubate ai vertici
del partito democratico, il National Democratic Committee, e al
presidente della campagna di Hillary Clinton. Gli hacker avrebbero poi
fornito i messaggi di posta elettronica a WikiLeaks alimentando scandali
e imbarazzi che hanno indebolito il candidato democratico.
Alcuni
interrogativi restano senza risposta: i pirati hi-tech non sono al
servizio diretto del Cremlino e mancano finora prove di ordini impartiti
dal governo russo di passare le informazioni all’organizzazione di
Julian Assange. Incognite che hanno impedito ai servizi statunitensi di
mettere nero su bianco un rapporto formale sulla vicenda sottoscritto da
tutti e 17 gli organismi di intelligence.
Ma il responso generale
è ugualmente allarmante: la missione degli agenti vicini a Mosca
avrebbe fatto parte, stando a funzionari dell’amministrazione che hanno
ricevuto briefing dalla Cia, di una ancora più vasta operazione messa in
piedi da Putin allo scopo esplicito di sostenere Trump e diminuire
invece le chance di successo di Clinton. «L’intelligence ritiene che
l’obiettivo della Russia fosse favorire un candidato sull’altro, aiutare
l’elezione di Donald Trump. È questo il consenso dei servizi segreti»,
ha dichiarato un funzionario al Post. Un obiettivo, ha aggiunto
«piuttosto chiaro».
Trump da parte sua ha detto di non essere
affatto convinto che la Russia sia davvero alle spalle degli attacchi di
pirateria informatica durante la campagna per la Casa Bianca. E ieri i
suoi portavoce hanno rilasciato una dichiarazione che condanna senza
mezzi termini l’integrità dei servizi segreti statunitensi come «gli
stessi che avevano scoperto le armi di distruzione di massa di Saddam
Hussein». Il presidente uscente Barack Obama nelle ultime ore ha
tuttavia ordinato una completa inchiesta sui contorni dello spionaggio
russo.