domenica 11 dicembre 2016

Il Sole 11.12.16
Una missione chiara con una scadenza incerta
di Lina Palmerini

Una missione chiara ma con una scadenza incerta. Sergio Mattarella ha definito il profilo del nuovo Governo che deve essere nella «pienezza delle sue funzioni» e quindi non l’Esecutivo dimissionario, come gli hanno chiesto i 5 Stelle. Impossibile per il Colle immaginare un’ordinaria amministrazione quando c’è la legge elettorale da riscrivere, la vicenda Mps da sanare, il confronto con l’Europa sui conti, gli impegni internazionali di marzo e di maggio sui Trattati Ue e sul G7 e le questioni relative all’immigrazione, al terrorismo. Obiettivi definiti ma non la durata del Governo che nascerà. Che non dipende dal Colle - nonostante le pressioni di tutti sul voto anticipato - ma da un accordo tra i partiti sulle regole. I tempi sono nelle loro mani. Come in un gioco dell’oca, si torna al punto di partenza della legislatura.
Nel suo breve intervento di ieri, al termine delle consultazioni, Mattarella ha messo sul tavolo la prima delle questioni con cui ha parlato alle forze politiche. Che senza una legge elettorale non scioglierà le Camere. E dunque se davvero l’obiettivo dei partiti è quello delle elezioni anticipate, dovranno provvedere a riscrivere le regole. Il mandato con cui nasce il nuovo Governo, che ieri tutti accreditavano a guida Paolo Gentiloni, è essenzialmente quello di sanare un vuoto legislativo, una asimmetria tra sistema della Camera e del Senato e in questo si può segnare una linea di continuità con Giorgio Napolitano. L’ex presidente accettò il bis al Quirinale per favorire un accordo sul sistema elettorale, ora si torna allo stesso punto anche se nel mezzo c’è stato un patto con Berlusconi che poi è morto, una legge votata con la fiducia, un referendum perso che l’ha spazzata via. Un lungo giro per tornare indietro.
«Condizione indispensabile per il voto è un’armonizzazione della legge elettorale», ha detto ieri il capo dello Stato parlando a tutti i gruppi che sono sfilati nello studio alla Vetrata e che hanno dovuto ammettere che manca quel passaggio. E dunque se la “ragione sociale” principale del Governo che nasce è quello di rimuovere l’ostacolo di una legge che non c’è, il passo da qui alle urne non è breve e non è semplice. Anche per questo la scelta del premier incaricato deve tenere conto di questo nodo non semplice da sciogliere. L’unico partito che si è detto disponibile a una collaborazione sul tavolo delle regole è Silvio Berlusconi e anche questo ci riporta indietro. Al primo tentativo tra Renzi e il Cavaliere poi naufragato proprio sull’elezione del capo dello Stato.
Il punto è se e come riprenderà forma questo dialogo. A maggior ragione oggi che i due punti di vista sono diventati molto distanti. Due anni fa il proporzionale era già negli archivi storici, un avanzo della prima repubblica che non piaceva ai principali protagonisti del patto ma oggi uno dei due lo mette sul tavolo. Il Cavaliere nella sua breve dichiarazione all’uscita delle consultazioni ha evocato il sistema proporzionale, lo ha buttato nel campo avverso del Pd come punto di partenza di una trattativa. E questo non sarà un elemento di poco conto per un partito nato sulla spinta della vocazione maggioritaria riconfermata da Matteo Renzi. Su quell’impianto sono state fuse due culture politiche, scritte regole sulle primarie e sulla sovrapposizione di due ruoli, segretario e premier. Aprire la strada al proporzionale rischia di rimettere tutto in discussione, riaprire un cantiere sulla stessa natura del Pd. Insomma, i passi da fare verso un accordo non sono pochi. E non accorciano la distanza verso il traguardo delle urne che sembra la vera missione del nuovo Governo.