il manifesto 9.12.16
San Basilio, la borgata eterna
Roma.
Un documentario raccoglie le voci del quartiere e racconta la storia di
una borgata finita sotto i riflettori per il caso di una famiglia di
migranti a cui è stato impedito l’ingresso nelle case popolari
di Davide Angelilli
Nei
giorni scorsi è tornato alla ribalta mediatica il quartiere San
Basilio, borgata della periferia est di Roma. Infatti il caso della
famiglia marocchina, a cui è stato impedito di prendere possesso di una
casa popolare regolarmente assegnata dal Comune, ha attirato le
attenzioni di televisioni e giornali sulla complessa e difficile realtà
di questo territorio. Parafrasando i titoli di giornali e trasmissioni
televisive, la fotografia scattata dai media mainstream è quella di una
rivolta razzista degli abitanti, perché contrari all’ «arrivo di negri»
nelle case popolari.
Una fotografia che non rende assolutamente
l’idea della complessità del contesto in cui è avvenuto quest’ennesimo
triste episodio di guerra tra poveri. Episodio che certamente non può
spiegarsi senza prendere in considerazione il clima di xenofobia e odio
per i più deboli che si vive a Roma. Ma che nemmeno può essere
raccontato senza essere contestualizzato al dramma della casa che vivono
numerose famiglie nelle periferie della Capitale, a causa delle
politiche antisociali inaspritesi con la crisi economica e con la
privatizzazione dello spazio urbano, frutto della trasformazione
neoliberista.
Ggli abitanti di San Basilio vivono storicamente in
un territorio abbandonato dalle istituzioni. In questi ultimi anni,
inoltre, le politiche di privatizzazione hanno ulteriormente aggravato
il problema abitativo per diverse famiglie del quartiere. D’altronde, la
lotta per la casa è stata da sempre una priorità per gli abitanti di
questo quartiere, che nasce e si sviluppa anche attraverso occupazioni
di massa del proletariato e sottoproletariato romano.
In questa
complesa cornice, diverse realtà del territorio hanno dato vita al
progetto «San Basilio, storie de Roma», per cercare di ricostruire,
attraverso la ricerca storiografica, la memoria di una borgata simbolo
della città di Roma. Un progetto che affianca a questo peculiare e
partecipativo esercizio di ricerca storiografica, diverse attività
sociali e culturali. Da due anni, un gigantesco murales di Blu colora la
facciata di un edificio su cui è rappresentata la storica battaglia del
1974, che vide fronteggiarsi la polizia con una massa di persone che
volevano difendere le occupazioni abitative, e in cui venne assassinato
il giovane militante dell’Autonomia operaia, Fabrizio Ceruso.
Quest’estate,
per una maggiore vivibilità del quartiere e per la creazione di
rapporti tra cittadini e giovani, è nato il Centro Popolare San Basilio
dedicato proprio alla memoria di Fabrizio Ceruso. Inoltre, dal progetto
«San Basilio, storie de Roma» è uscito fuori anche un prezioso e
interessantissimo documentario che porta lo stesso nome e che sarà messo
in onda da Rai Tre questa notte. «Il documentario – spiega Alessandro,
giovane attivista del Casale Alba2 e tra gli autori del documentario
(che è un’opera collettiva delle diverse realtà territoriali che
partecipano all’iniziativa) – vuole fare della ricerca storiografica, al
di fuori dell’ambito accademico, uno strumento per produrre una
narrazione della memoria collettiva capace di dialogare ed incidere sul
presente».
«L’idea nasce dalle iniziative in memoria di Fabrizio
Ceruso e quindi dall’esigenza di raccontare, ma soprattutto di far
raccontare a chi l’ha vissuta, la densa storia di San Basilio e i suoi
molteplici momenti di scontro sul diritto all’abitare e non solo. La
battaglia del 1974 e la morte di Fabrizio – prosegue Alessandro – sono
solo dei tasselli, senza dubbio importanti, di un puzzle più complesso,
fatto di una comunità che, sin dalla sua nascita, ha dovuto lottare per
soddisfare i propri bisogni: dall’accesso all’acqua corrente all’autobus
per andare in centro, il famoso “109 per la rivoluzione” cantato da
Rino Gaetano. Una storia spesso rimossa dalla memoria collettiva,
nonostante faccia parte della pelle e dell’identità di San Basilio come
di altri quartieri popolari, attraverso i mass media e i tanti
meccanismi di svuotamento delle coscienze. Perciò, in tale contesto, la
storia dal basso assume un valore fondamentale, sia per restituirla al
sapere collettivo, sia per legarla al presente e, tramite essa,
interpretare la realtà che ci circonda».
Un tentativo di mettere
l’analisi della storia del quartiere al servizio della trasformazione
del suo presente? «La finalità – risponde Alessandro – non è idolatrare
una realtà che, di certo, presentava mille contraddizioni. É piuttosto
uno spunto per interrogarsi sulle condizioni di degrado e sfruttamento e
sulle soluzioni prospettate. San Basilio vive tante piaghe sociali come
la disoccupazione, la dispersione scolastica e, ancora oggi,
l’emergenza abitativa. Oltre ad essere bersaglio di politiche
speculative di vario genere. Conoscere la storia aiuta a comprendere le
reali responsabilità di questi problemi ed evitare, come avvenuto nei
fatti di cronaca degli ultimi giorni, di cadere nella trappola della
guerra tra sfruttati. La storia si ripete: nell’assurda competizione per
la casa, scatenata dall’assenza di politiche abitative, nel 1974 i
rivali erano gli sbaraccati del centro, oggi sono i migranti. Gli
abitanti di San Basilio, oggi come allora, vengono additati come mostri
da prima pagina. La realtà, invece, è fatta di gravi problemi sociali
che nessuno ha intenzione di risolvere: qui governi e amministrazioni si
fanno vedere solo per reprimere o speculare. La rabbia è normale e
giusta, il nodo è come indirizzarla verso l’alto e non verso chi sta
accanto, esattamente come si fece nel 1974».
Infatti, spiega
Federico, un giovane del quartiere che partecipa al progetto come
attivista dell’Asia(Usb) e tra gli autori del documentario, «l’episodio
di questa settimana non è che la conseguenza di una grave assenza di
servizi e diritti fondamentali, che si vuole far sfociare in guerra tra
poveri».
«I grandi mezzi d’informazione hanno dimostrato tutta la
loro scorrettezza e poca etica nel trattare questa situazione – è
l’opinione di Federico – Negli ultimi anni, abbiamo fatto tantissimi
picchetti antisfratto nel quartiere. Qualche mese fa, in centinaia siamo
scesi per opporci allo sfratto di una ragazza e successivamente abbiamo
realizzato un’assegnazione di tre stabili vuoti in maniera collettiva e
autorganizzata. Perché qui non solo c’è degrado e crisi sociale, ma
anche una comunità solidale che non abbassa la testa di fronte ai
soprusi e alle ingiustizie. Tuttavia, di fronte a tutte queste grandi di
manifestazioni di partecipazione e solidarietà nel territorio, non
abbiamo mai riscontrato l’interesse delle televisioni. Al contrario,
un’azione spontanea, frutto dell’esasperazione di dieci persone, ci ha
messi in mezzo a un vortice mediatico che ha raccontato a tutta l’Italia
di un’immaginaria rivolta razzista di un intero quartiere».
Insomma,
dietro all’episodio di questa settimana c’è una situazione grave e
complicata di una nuova povertà che avanza e dell’eterno ritorno del
problema della casa… «Sì – conclude Federico – a San Basilio come in
tanti altri quartieri la situazione è molto difficile, e in questo
conflitto purtroppo le amministrazioni continuano a prendere le parti
dei grandi potentati economici. Un esempio di ciò sono i tristemente
noti Piani di Zona. Stiamo parlando di decine di migliaia di case
costruite con finanziamenti pubblici per essere destinate a risolvere
l’emergenza abitative, che invece sono state poi messe sul mercato a
prezzi gonfiati. In campagna elettorale, il Movimento 5 Stelle aveva
promesso di risolvere questo problema: requisire questi appartamenti e
destinarli all’edilizia popolare, rispettando la tanto osannata
legalità.
Al contrario, con la nuova amministrazione continuano
gli sfratti di queste famiglie, mentre le cooperative private che hanno
agito nell’illegalità non vengono quasi toccate. Tutte queste politiche a
difesa dei potenti, creano enormi disagi e malessere per le classi
popolari. Intanto, dagli schermi televisivi soffiano sul fuoco con un
vento di classismo, xenofobia e razzismo, orientando sui migranti una
crescente rabbia sociale e additando i lavoratori e i più indeboliti
come colpevoli di questo malessere dilagante soprattutto in periferia.
Ma noi restiamo al fianco del quartiere, per tornare a organizzare
questa rabbia e riprenderci dal basso ciò che ci spetta di diritto.
Proprio come in quegli anni che il nostro documentario ha deciso di
raccontare con la voce dei suoi protagonisti».