giovedì 8 dicembre 2016

il manifesto 8.12.16
Un avviso ai bersaniani. E il premier applaude
Sinistra/La proposta di Pisapia . Sì di Zedda, no di tutti gli ex Sel, l’ex sindaco sbaglia manovra e urta anche i dialoganti
di Daniela Preziosi

ROMA Un «Campo progressista» ovvero un’alleanza fra il Pd di Renzi e «le forze di sinistra in grado di assumersi una responsabilità di governo». A patto che il Pd rompa con Verdini e Alfano. Con tempismo un po’ troppo scoperto ieri l’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia, uno dei pochi di Sel che si era schierato con il Sì (l’altro era il sindaco di Cagliari Massimo Zedda), ieri ha lanciato la proposta di una sinistra alleabile al partito di Renzi, fatta di «associazioni, liste, pezzi di Sel e di Sinistra italiana». All’idea Renzi , Pisapia e Gianni Cuperlo lavorano da tempo. La sconfitta verticale del Sì, e del segretario del Pd, non ha consigliato al trio neanche un piccolo aggiustamento di rotta.
È arrivato dunque il lancio in grande stile, dalla prima del quotidiano Repubblica. La notizia della «nuova cosa» doveva atterrare nel mezzo del dibattito della direzione Pd, vera destinataria del messaggio: per dire che l’inarrestabile (benché testé sconfitto) Renzi potrà presto disporre anche di una nuova sinistra ragionevole e dialogante. Formazione utile, ora che la nuova legge elettorale con ogni probabilità consiglierà le alleanze. Utile anche a fare concorrenza alla sinistra interna, quella del No, magari persino a sostituirla. Bersani e compagni sono avvertiti.
Alla fine il dibattito della direzione verrà cancellato, ma nelle sue brevi comunicazioni Renzi non dimentica di ringraziare lo sforzo di Pisapia, annunciando un cambio di verso sulla «vocazione maggioritaria» («Dobbiamo ripensare a cosa significa in questo sistema»). Soddisfatto anche Cuperlo («parole importanti»), che con l’occasione dà un dispiacere agli ex compagni della Ditta.
I bersaniani intuiscono la manovra tutta interna al loro partito e non la prendono bene. «Il nostro obiettivo non è fare la sinistra di Renzi ma costruire l’alternativa a Renzi dentro il Pd, un progetto politico, culturale e civile più importante dei suoi segretari pro tempore», replica agro Miguel Gotor. L’uscita di Pisapia viene accolta anche con aperta ostilità da parte di Stefano Fassina e Nicola Fratoianni, l’ala più radicale di Sinistra italiana: «Un progetto rivolto al palazzo», dice il primo, «rimuove cosa hanno prodotto le politiche del governo Renzi», il secondo.
Ma il malumore è palpabile soprattutto nell’area dell’ex Sel che non esclude un alleanza con il Pd, ma non con quello renziano. E infatti ha votato No al referendum, a differenza di Pisapia. E ora spera che la vittoria riapra la partita del dialogo a sinistra. È l’area che si dà appuntamento il 18 dicembre a Roma. Pisapia è della partita. Ma il tentativo di presentare questa iniziativa come il proprio «tesoretto» da devolvere all’alleanza con Renzi provoca reazioni gelide. «Non siamo interessati, né disponibili, a fare la sinistra del partito della nazione. Non siamo disponibili a veder perpetrare politiche sbagliate che impoveriscono le classi medio basse del paese», replica Massimiliano Smeriglio, che pure resta disponibile «al dialogo» con Pisapia. Stessa freddezza da parte di Marco Furfaro, altro protagonista dell’assemblea: «Il campo progressista si riapre solo a partire dalla sconfitta di quelle politiche che hanno devastato il paese, dal jobs act alla buona scuola allo Sblocca Italia ai voucher». E Alfredo D’Attorre, ex Pd: «È Renzi il principale ostacolo alla riunificazione dell’area del centrosinistra».