giovedì 8 dicembre 2016

Corriere 8.12.16
I dubbi del premier su un reincarico: con me urne a marzo ma perderei la faccia
di Maria Teresa Meli

ROMA « Mi pare che abbiamo stabilito un buon percorso. La partita ora è nelle mani di quelli del fronte del No, devono essere loro a dire che cosa vogliono fare»: in serata, dopo la direzione e l’incontro con Mattarella, Renzi appare più rilassato. Non sembra nemmeno troppo preoccupato dell’operazione che Dario Franceschini, soprannominato Tarzan da quelli del Pd, per la facilità con cui salta di corrente in corrente, e Andrea Orlando stanno conducendo in queste ore.
L’obiettivo? Duplice. Il primo presiederebbe il nuovo governo, il secondo contenderebbe a Renzi la segreteria. Confidava l’altro giorno ad alcuni parlamentari del Pd Franco Marini: «Già un mese fa Dario mi ha detto che se fosse andato male il referendum era pronto un accordo per fare un nuovo governo». Con il sostegno (mascherato) di Berlusconi, sospettano i renziani.
Ma in questa serata in cui «finalmente» il segretario può «tornare a casa», niente sembra turbarlo. E riprende i suoi ragionamenti: «Voglio togliere a quelli del fronte del No ogni tipo di margine. Si inventassero un nome se sono in grado. Adesso Salvini, che vuole le elezioni, deve dire con quale governo intende arrivarci. E i 5 Stelle, lo stesso. Dicono che bisogna andare alle urne? Spieghino come. Vogliono un governo istituzionale per andare al voto? E Forza Italia che intende fare? Vuole, chessò, un esecutivo Franceschini? Lo dica pubblicamente. Anche se magari non intendono sostenere nessun governo tutti devono spiegare come pensano di affrontare il percorso».
Già, perché secondo Renzi «non può essere che solo il Pd si debba assumere responsabilità e oneri: noi siamo pronti e disponibili a tutto. Però non ci facciamo inchiodare così». Ma a questo punto quale potrebbe essere lo sbocco della crisi? «Parliamoci chiaramente — spiega Renzi — nel momento in cui si fa un nuovo governo con uno dei nomi che circolano, Padoan o altri, poi non si può dire che durerà tre mesi. Abbiamo il G7 a maggio a Taormina, non scherziamo. Al massimo riusciamo ad anticipare di qualche mese le elezioni e a farle a novembre». Insomma, un governo Gentiloni o Padoan durerebbe.
C’è un unico modo per andare speditamente alle urne. Con Renzi stesso. Il segretario lo sa bene: «Certo, se rimanessi io si potrebbe arrivare a votare anche a marzo. Ma figuriamoci se Salvini o i 5 Stelle, che vogliono le elezioni anticipate, dicono che devo restare io». E poi c’è un altro problema. Che riguarda direttamente Renzi: «Se io accettassi un’ipotesi del genere perderei la faccia e tutti direbbero che ho fatto la manfrina ».
Dunque, per Renzi «la palla ormai è nell’altro campo». Quanto al Pd, Renzi, che non parteciperà alle consultazioni, ha deciso che vi sia un dibattito in «streaming», alla «luce del sole», in Direzione, dopo gli incontri di Mattarella: «Così nessuno si potrà nascondere e ognuno dovrà rivelare le sue vere intenzioni». Lui in questa fase resterà un po’ defilato, ascolterà il suo partito ma non imporrà nessun diktat. E si occuperà del futuro del centrosinistra, coltivando il rapporto con Giuliano Pisapia.
Anche il suo grande avversario, D’Alema, si terrà lontano dal dibattito. O, almeno, così ha assicurato l’ex premier a più di un interlocutore: «Io torno a Bruxelles. Ho salvato l’Italia. Se c’è bisogno mi richiamate».