il manifesto 7.12.16
Ilan Pappé: «Decolonizzare la Palestina oltre i nazionalismi»
Intervista.
La fondazione dello stato israeliano nasce da una «pulizia etnica
pianificata» che ha prodotto milioni di rifugiati, gli unici che, ha
sottolineato ironicamente, vogliono ritornare al loro Paese ma a cui
l’Occidente glielo impedisce. Pappé propone quindi di «decolonizzare» la
Palestina e di riportarla al centro del dibattito politico
internazionale
di Roberto Prinzi
SALERNO
«Decolonizzare la Palestina ponendo al centro del discorso la lotta per i
diritti umani e civili dei palestinesi come modello per pacificare il
Medioriente, ma anche per opporsi alle politiche neoliberali nel mondo».
È
stato quanto ha affermato giovedì scorso lo storico israeliano Ilan
Pappé intervenendo a Salerno alla rassegna «Femminile Palestinese»
curata da Maria Rosaria Greco. L’incontro, dal titolo «Linguaggio,
comunicazione e decolonizzazione», è stato un momento di riflessione sul
ruolo giocato dalle parole nel raccontare l’occupazione israeliana
della Palestina.
La discussione ha preso spunto dal testo
«Palestina e Israele: che fare?» (Fazi Editore, 2015) in cui Pappé e il
linguista statunitense Noam Chomsky sostengono che i tempi sono ormai
maturi per un cambio di rotta nella questione israelo-palestinese.
Per
fare ciò, sottolinea nel testo l’accademico israeliano, bisogna
innanzitutto cambiare il linguaggio finora adottato mettendo da parte
definitivamente «il vocabolario dell’ortodossia pacifista».
Quest’ultimo,
incentrato sull’idea di «processo di pace», invece di porre fine al
conflitto ha contribuito alla continuazione della colonizzazione del
territorio palestinese.
Il pensiero dello storico è stato
riassunto in apertura dell’incontro da Giso Amendola, filosofo del
diritto presso l’Università di Salerno. Ribadendo l’invito di Pappé a
decolonizzare la Palestina, Amendola ha poi allargato lo sguardo anche a
quanto accade in Europa dove si erigono sempre più muri, si rafforzano
le politiche anti-migratorie e dove la logica della separazione e della
segregazione si va sempre di più diffondendo. Anche per colpa dei media
che fanno apparire «l’altro» come il «nemico», soprattutto quando la
presunta alterità è rappresentata dal palestinese.
«Negli Usa il
conflitto in Palestina è rappresentato come la guerra degli americani
contro i jihadisti islamici. In particolar modo dopo l’11 settembre,
questa equivalenza si è fatta più insistente sui media statunitensi» ha
detto Clayton Swisher, direttore del giornalismo investigativo ad
al-Jazeera english.
Non meno colpe però, ha aggiunto Pappé, le
hanno gli accademici: «Nel ventesimo secolo le potenze occidentali hanno
pensato di disfarsi degli ebrei portandoli in Palestina. Una soluzione,
quella europea, non solo antisemita ma che ha anche leso i diritti
della popolazione nativa palestinese». Il docente dell’Università di
Exeter (Inghilterra) ha smontato quindi uno dei miti del conflitto
israelo-palestinese: la sua presunta complessità.
Secondo lo
studioso, infatti, in Palestina bisogna parlare di colonialismo
d’insediamento: le forze sioniste, sostenute dall’Occidente, hanno
cacciato via i palestinesi e si presentano ora come i nativi.
La
fondazione dello stato israeliano nasce da una «pulizia etnica
pianificata» che ha prodotto milioni di rifugiati, gli unici che, ha
sottolineato ironicamente, vogliono ritornare al loro Paese ma a cui
l’Occidente glielo impedisce. Pappé propone quindi di «decolonizzare» la
Palestina e di riportarla al centro del dibattito politico
internazionale.
«Solo quando sarà risolta questa ingiustizia
storica si potrà giungere a pacificare l’intera area mediorientale» ha
spiegato. La soluzione che l’intellettuale propone è la lotta per i
diritti umani e civili dei palestinesi, l’unica strada percorribile se
si vogliono combattere «le violazioni della dignità umana anche in
Siria, Iraq Egitto». Ma non solo. «Se poniamo la centralità dei diritti
umani in Palestina – ha affermato – allora possiamo lottare anche contro
le politiche neoliberali che gravano sulle classi più deboli delle
nostre società».
Per l’accademico neocolonialismo e neoliberismo
sono facce della stessa medaglia perché entrambi fanno carta straccia
dei diritti umani.
In questo contesto, decolonizzare la Palestina
vuol dire anche combattere contro le politiche anti-migratorie e di
austerità che l’Europa sta implementando e fronteggiare la pericolosa
ascesa del nazionalismo.
La lotta dei palestinesi per la libertà
della loro terra va quindi al di là dei loro confini nazionali: per
Pappé deve costituire un modello per le classi emarginate sfruttate dal
capitalismo di riappropriarsi dei propri diritti e dignità.