il manifesto 6.12.16
Chiara Saraceno: «Basta con le accuse di populismo. Nel No c’è tanta ricchezza»
Referendum.
La nota sociologa torinese invita a considerare i molti che hanno
votato sul merito della Costituzione. «Altri hanno dato voce al proprio
disagio, ma proprio per questo non possiamo lasciarli ai partiti
populisti»
intervista di Antonio Sciotto
«Mi
hanno davvero irritata i commenti che fin dai primi exit poll
disegnavano il voto come frutto del populismo. Il No ha dietro
sicuramente tante ragioni, diverse tra loro e variegate, ma non
dimentichiamo chi si è espresso sul merito della riforma costituzionale.
E soprattutto, non permettiamo ai partiti populisti di intestarsi la
vittoria». La sociologa Chiara Saraceno ci aiuta ad analizzare il
referendum di domenica: dalla delusione dei giovani nei confronti del
«rottamatore» Matteo Renzi fino alle accuse di «trumpismo» indirizzate a
chi ha bocciato la proposta targata Pd.
L’accusa mossa ai
sostenitori del No, a parte l’ormai celebre «accozzaglia» populista, è
quella di un Paese che non sa innovarsi, che conserva e si rinchiude
nelle sue paure. Da sociologa ci vede almeno un fondo di verità?
Come
ho detto mi hanno molto irritato i commentatori che riducono tutto a
«populismo». Il fronte del No è molto composito, hanno pesato
motivazioni diverse, ma è sbagliato secondo me metterle tutte sotto il
cappello del populismo e ancor di più del conservatorismo, di quelli che
non vogliono cambiare niente. Ricordiamo anche i tanti che,
indipendentemente dall’essere o meno a favore del governo, non
apprezzavano questa riforma della Costituzione.
C’è anche chi ha votato «di pancia», come ad esempio Grillo ha invitato a fare.
Certamente,
quasi tutte le opposizioni presenti in Parlamento, dai Cinquestelle
alla Lega, fino a Forza Italia, per quanto con motivazioni diverse tra
loro, hanno comunque espresso un voto contro Renzi. Però, ecco, da qui a
dire che hanno vinto i «trumpisti» all’italiana ce ne corre: anche
perché, ripeto, tanti hanno votato nel merito. E anche dietro a quel
dissenso che si può essere manifestato in un voto contro il governo è
sbagliato vedere solo «populismo»: ci possono essere ragioni di disagio,
di malcontento, che abbiamo il dovere di individuare e analizzare, a
maggior ragione per non lasciarle interpretare solo dai populisti.
A che tipo di disagio si riferisce?
Prendiamo
l’Italicum: ad alcuni ha dato fastidio che una legge elettorale fosse
imposta, senza contare che poi – nelle ultime settimane – si era
addirittura disposti a cambiarla. Ma allora perché avete fatto quella
forzatura? E poi ci sono ad esempio le periferie: tanti abitanti delle
nostre città sono stanchi di essere tirati fuori solo per la politica
della paura, vogliono partecipare. Interpretiamo questo voto anche come
un desiderio di partecipazione per chi ha poca voce.
E i ragazzi e
le ragazze? Hanno votato in massa contro il premier più giovane che
l’Italia abbia mai avuto. Non è strano che Renzi non sia riuscito a
intercettarli?
La retorica degli ultimi due anni è stata tutta
all’insegna della «modernizzazione» e della «rottamazione», ma
evidentemente qualcosa non ha funzionato. Va detto innanzitutto che i
giovani sono eterogenei: alcuni in passato hanno votato perfino contro
riforme delle pensioni che andavano a loro vantaggio. Diciamo in
generale che non è che siano per forza più bravi o intelligenti rispetto
ad altre fasce d’età: però, certo, la loro condizione non è migliorata
granché con questo governo. Sono forse quelli più delusi da Renzi:
probabilmente perché il premier aveva promesso tanto, direi troppo
rispetto a quello che poteva realmente dare. E l’ultima finanziaria non
mi pare pensi troppo a loro: pensioni, quattordicesime per chi ha già un
reddito, bene che si aiutino gli anziani in difficoltà, ma per gli
under 30 cosa si è fatto?
Per il futuro dell’Italia alcuni vedono una chiusura in sé stessa, una virata antieuropeista. Lei è d’accordo?
Assolutamente
no, e anzi direi che per alcuni versi l’Italia mi sembrava più chiusa e
rancorosa prima del voto di domenica. Certo, ora tantissimo dipenderà
da chi riuscirà a intestarsi la vittoria, e importante sarà riuscire a
interloquire con i tanti cittadini che hanno votato sul merito, per
difendere la Costituzione. E, insieme, riuscire a sottrarre linfa ai
partiti populisti, interpretando e rispondendo al disagio di chi ha
votato «di pancia» o per mandare a casa il governo Renzi.