il manifesto 6.12.16
Il governo conta, ma dobbiamo ricominciare dall’opposizione
Dopo
il referendum. Se non vogliamo che domenica sia stata una vittoria di
Pirro, il vero impegno per la sinistra comincia adesso. Il governo è
importante, ma superato lo slogan «se andremo al governo faremo...».
Dobbiamo fare subito, laddove siamo
di Luciana Castellina
Evviva.
Le vittorie, da un bel pezzo così rare, fanno bene alla salute. E poi
questa sulla Costituzione non è stata una vittoria qualsiasi, come
sappiamo, nonostante le contraddittorie motivazioni che hanno
contribuito a far vincere il No.
La cosa più bella a me è comunque sembrata la lunghissima campagna referendaria.
Contrariamente
a quanto è stato detto – «uno spettacolo indecente», «una rissa», ecc. –
quel che è accaduto contro ogni attesa è stato un rinnovato tuffo nella
politica di milioni di persone che non discutevano più assieme da
decenni. Come se si fosse riscoperta, assieme alla Costituzione, anche
la bellezza della partecipazione.
In questo senso mi pare si possa
ben dire che contro il tentativo di ridurre la politica alla delega ad
un esecutivo che al massimo risponde solo ogni cinque anni di quello che
fa si sia riaffermata l’importanza dell’art.3, quello in cui si
riconosce il diritto collettivo a contribuire alle scelte del paese. Pur
non formalmente toccato dalla riforma Boschi, è evidente che la
cancellazione della sua sostanza era sottesa a tutte le modifiche
proposte. Evviva di nuovo.
Per noi sinistra il vero impegno comincia adesso.
Non
vorrei tuttavia turbare i nostri sogni nel sonno del dovuto riposo dopo
questa cavalcata estenuante e però credo dobbiamo essere consapevoli
che per noi sinistra il vero impegno comincia adesso.
Quella che
abbiamo combattuto non è stata infatti solo una battaglia per difendere
la nostra bella democrazia da una deplorevole invenzione di Matteo
Renzi: abbiamo dovuto impedire che venisse suggellata un’ulteriore tappa
di quel processo di svuotamento della sovranità popolare, che procede,
non solo in Italia, ormai da decenni. E che il nostro No non basterà di
per sè, purtroppo, ad arrestare.
Viene da lontano, si potrebbe
dire dal 1973, quando all’inizio reale della lunga crisi che ancor oggi
viviamo, Stati Uniti, Giappone e Europa,su sollecitazione di Kissinger e
Rockfeller, riuniti a Tokio, decretarono in un famoso manifesto che con
gli anni ribelli si era sviluppata troppa democrazia e che il sistema
non poteva permettersela. Le cose del mondo erano diventate troppo
complicate per lasciarle ai parlamenti, ossia alla politica, dunque ai
cittadini.
E’ da allora che si cominciò parlare di governance (che
è quella dei Consigli d’amministrazione prevista per banche e per
ditte) e ad affidare via via sempre di più le decisioni che contano a
poteri estranei a quelli dei nostro ordinamenti democratici, cui sono
state lasciate solo minori competenze di applicazione.
Abbiamo protestato contro molte privatizzazioni, poco contro quella principale: quella del potere legislativo.
Qualche
settimana fa Bayer ha comprato Monsanto: un accordo commerciale, di
diritto privato. Che avrà però assai maggiori conseguenze sulle nostre
vite di quante non ne avranno molte decisioni dei parlamenti.
Ci
siamo illusi che la globalizzazione producesse solo una catastrofica
politica economica – il liberismo, l’austerity – e invece ha stravolto
il nostro stesso ordinamento democratico. Mettendo in campo per via
estralegale quello che dal Banking Blog è stato definito l’acefalo aereo
senza pilota del capitale finanziario, impermeabile alla politica.
Per
svuotare il potere dei parlamenti, un po’ ovunque, ma in Italia con
maggiore vigore, sono stati delegittimati, anzi smontati, quegli
strumenti senza i quali quei parlamenti non avrebbero comunque più
potuto rispondere ai cittadini: i partiti politici, addirittura
ridicolizzati e resi “leggeri”, cioè inconsistenti e incapaci di
costituire l’indispensabile canale di comunicazione fra cittadini e
istituzioni.
Si sono via via annullate le principali forme di
partecipazione, o, quando non è stato possibile, sono stati recisi i
legami che queste tradizionalmente avevano con una rappresentanza
parlamentare.
Se adesso vogliamo che la vittoria del No non sia di
Pirro dobbiamo ricominciare a costruire la sostanza della democrazia, e
cioè la partecipazione
Se adesso vogliamo che la vittoria del No
non sia di Pirro dobbiamo ricominciare a costruire la sostanza della
democrazia, e cioè la partecipazione, i soggetti sociali – ma anche
politici – in grado di non renderla pura protesta o mera invocazione a
ciò che potrebbe fare solo un governo.
Dobbiamo cioè uscire
dall’ossessione governista che sembra aver preso tutta la sinistra, e
cominciare a ricostruire l’alternativa dall’opposizione.
La
democrazia è conflitto (accompagnato da un progetto), perchè solo questo
impedisce la pietrificazione delle caste e dei poteri costituiti. Se
non trova spazi e canali, diventa solo protesta confusa, manipolabile da
chiunque.
Tocca a noi aprire quei canali, costruire le casematte
necessarie a creare rapporti di forza più favorevoli; e poi, sì, cercare
le mediazioni (che non sono di per sé inciuci) per raggiungere i
compromessi possibili (rifiutando quelli cattivi e lavorando per quelli
positivi).
Del resto, non è stato forse proprio per via delle
lotte e dell’esistenza di robusti canali e presenze parlamentari che
fino agli anni ’70 siamo riusciti ad ottenere quasi tutto quanto di
buono oggi cerchiano di difendere coi denti, dall’opposizione e non
perchè avevamo un ministricolo in qualche governo?
Dobbiamo fare subito, laddove siamo.
Non
voglio dire che un governo non sia importante, vorrei solo superassimo
l’ossessione che si incarna negli slogan elettorali: «Se andremo al
governo, faremo…». Dobbiamo fare subito, laddove siamo.
Nella mia
penultima iniziativa referendaria, a Gioiosa Jonica (in piazza come non
si faceva da tempo) una splendida cantante locale è arrivata a
concludere: con la canzone che ben conosciamo “Libertà è
partecipazione”.
Propongo divenga l’inno della nostra area No. (E speriamo anche che quest’area preservi l’unità di questi mesi).