il manifesto 5.12.16
«Addio Comandante, difenderemo sempre la patria e il socialismo»
Hasta
siempre. Nella città «eroica» di Santiago, Raúl ha ricordato il lascito
storico e il testamento politico del fratello maggiore. Ora è insieme
al poeta, scrittore e politico, ispiratore del Partito rivoluzionario di
Cuba, José Martí
di Roberto Livi
L'AVANA «Sì, si
può resistere, sopravvivere, svilupparsi senza rinunciare alle
conquiste del socialismo» garantendo così «l’indipendenza e la
sovranità» di Cuba. N
ell’ultimo addio «di massa» al Comandante
Fidel, sabato sera, nella città «eroica» di Santiago, il presidente Raúl
(che ha posto personalmente l’urna con le ceneri di Fidel nella tomba)
ha sintetizzato con queste parole il lascito storico e il testamento
politico del fratello maggiore.
Il diritto-dovere di resistere
alle ingerenze esterne, soprattutto dell’imperialismo nordamericano, e
la necessità di un contenuto sociale della rivoluzione, in modo che vi
sia un’identità tra patria e socialismo. Un messaggio, questo, rivolto
al «suo» popolo, ma anche al neoletto presidente Donald Trump. Poi le
ceneri del líder maximo, che avevano percorso tutta l’isola come
simbolico gesto di unità nazionale, sono state restituite alla famiglia.
LA
CERIMONIA DI INUMAZIONE dei resti mortali di Fidel Castro Ruz è stata
rigorosamente privata, riservata alla famiglia e agli ospiti. Nessuna
immagine è stata diffusa dalla televisione, nessun giornalista è stato
ammesso.
Dopo che, per i nove giorni di lutto nazionale seguiti
alla sua morte, tutti i canali della tv non avevano prodotto altra
informazione che vita, storia, lascito politico e morale, ricordi e
commenti sulla figura del Comandante vittorioso della Rivoluzione, ieri è
stata trasmessa solo un’asciutta cronaca telefonica da parte di un
inviato che aveva accompagnato il corteo funebre fino al cimitero.
Uniche,
brevi, immagini, quelle della scorta d’onore dei giovani, in
maggioranza con fotografie del Comandante, schierati nella penombra
delle prime ore del giorno lungo l’Avenida Patria che porta al cimitero
monumentale di Santa Ifigenia che cantavano l’inno nazionale mentre
soldati in uniforme di gala e con un bracciale nero aprivano il corteo
funebre.
«UNA CERIMONIA SOBRIA. Non vi sono stati discorsi, le
ceneri sono state inumate alla presenza dei familiari, membri del
governo e delle Forze armate e alcuni ospiti» ha dichiarato Segoléne
Royal, ministro francese dell’Ecologia, all’agenzia Afp. All’inumazione
erano presenti anche i presidenti del Venezuela, Nicolás Maduro, della
Bolivia, Evo Morales e gli ex presidenti brasiliani Lula da Silva e
Dilma Rousseff.
Fidel – ha affermato Raúl sabato sera nel suo
discorso di estremo saluto al fratello – condivideva il motto
dell’Apostolo della patria, José Martí, ovvero che «tutta la gloria del
mondo è contenuta in un chicco di mais».
«Il leader della
Rivoluzione – ha continuato il presidente – rifiutava qualunque
manifestazione di culto della personalità ed è stato conseguente con
questo suo atteggiamento fino alle ultime ore di vita, insistendo sul
fatto che, una volta scomparso, il suo nome e la sua immagine mai
fossero utilizzate per intitolargli istituzioni, strade, piazze, parchi
né per erigere in sua memoria monumenti, busti, statue o altre forme
similari di tributo».
PER RISPETTARE questa sua determinazione, ha
continuato il presidente, «presenteremo nella prossima riunione
dell’Assemblea del potere popolare (il parlamento, ndr) le proposte
legislative necessarie affinché prevalga la sua volontà».
Anche
nel seguito della giornata, la televisione cubana si è attenuta
strettamente alla volontà del líder e alle indicazioni del governo.
Nessuna immagine è stata diffusa del cimitero di Santa Ifigenia,
inaugurato nel 1868, dove vi sono molti monumenti funebri, cripte e
mausolei ornati di marmi preziosi o pietre ornamentali e dove svettano
le palme reali, uno dei simboli di Cuba.
Il luogo dove sono
sepolti i «grandi» della patria, dal poeta, scrittore e politico,
ispiratore del Partito rivoluzionario di Cuba, José Martí, a Juan Manuel
de Céspedes, che diede inizio alle guerre di indipendenza dalla Spagna,
a Mariana Grajales, la patriota mulatta madre dei generali
indipendentisti José e Antonio Maceo y Grajales, a Frank País, il
dirigente studentesco di Santiago che appoggiò la guerriglia con azioni
di sabotaggio e fu assassinato all’età di 23 anni dalla polizia di
Batista.
LE POCHE FOTO FILTRATE mostrano una tomba assai sobria,
dalla forma di una grande roccia con una placca e la scritta: Fidel. Le
autorità hanno informato che è sita vicino al mausoleo di Martí. Una
vicinanza fisica che vuole sottolineare come Fidel sia – e si sia-
considerato l’erede dell’Apostolo della patria.
È quanto
sottolinea Fabio Fernandez Batista, storico e professore universitario.
«Vi sono quattro elementi che accomunano la Rivoluzione del Comandante
con le idee dell’Apostolo della patria», afferma.
«IL PARTITO
RIVOLUZIONARIO creato da Martí dimostrava che era necessaria una guida
politica unita per conquistare con le armi l’indipendenza. In secondo
luogo affermava che la lotta per la liberazione nazionale doveva avere
contenuti sociali, non solo nazionali; in terzo luogo l’Apostolo era
convinto che la liberazione di Cuba doveva inserirsi in un più vasto
movimento di integrazione politica e sociale dell’America latina. Infine
– conclude Batista – Martí, avendo conosciuto da vicino il “mostro”,
era convinto della necessità di combattere l’imperialismo degli Stati
uniti». In quello che il quotidiano comunista Granma considera una sorta
di «testamento» di Fidel, il messaggio manoscritto che nel giugno 1958
fece avere a Celia Sánchez, una delle sue più strette collaboratrici
durante la guerriglia nella Sierra Maestra, il Comandante scriveva : «Ho
giurato che gli americani pagheranno ben caro quello che stanno
facendo. Quando questa guerra finirà, per me inizierà una guerra molto
più lunga e grande: la guerra che farò contro di loro. Mi rendo conto
che questo è il mio vero destino».
ED QUESTA EREDITÀ che il
presidente Raúl, anche sabato in divisa di generale e comandante delle
Forze armate rivoluzionarie, ha mostrato di voler raccogliere.
«Di
fronte ai resti di Fidel – ha gridato alla folla e al paese – giuriamo
di difendere la patria e il socialismo. Hasta la victoria siempre!». Un
messaggio, come detto, che va ben oltre l’isola, diretto anche al
prossimo capo della Casa bianca.