il manifesto 2.12.16
Un altro voto «allucinante» su Gerusalemme: all’Onu l’Italia condanna Israele
Nazioni
Unite. Ad un mese e mezzo dall’ira di Renzi per l’astensione sulla
mozione Unesco che intende tutelare la Città Santa, la diplomazia
italiana sconfessa di nuovo il premier e si esprime in linea con il
diritto internazionale
di Chiara Cruciati
GERUSALEMME
Forse troppo preso dall’allucinante campagna referendaria, al premier
Renzi è sfuggita un altro «allucinante» fatto: il 30 novembre, due
giorni fa, l’Italia ha votato a favore di sei risoluzioni assunte
dall’Assemblea Generale dell’Onu su Israele e Palestina. Tra queste ce
n’è una su Gerusalemme e l’aperta opposizione del Palazzo di Vetro alla
sua occupazione da parte israeliana.
Niente di nuovo, di
risoluzioni che ribadiscono da 50 anni che Tel Aviv ha occupato
militarmente e illegalmente la Città Santa, città internazionale per
l’Onu, ce ne sono a bizzeffe. Tanta carta, zero fatti. Ma qui ad
emergere è il nuovo scivolone del governo italiano. Perché un mese e
mezzo fa Renzi si scagliò contro la diplomazia italiana che si era
astenuta nella votazione sulla risoluzione Unesco che condannava le
violazioni compiute da Israele a Gerusalemme.
«È stato un errore,
la risoluzione è allucinante. Non si può continuare con queste mozioni,
una volta all’Onu, una volta all’Unesco, contro Israele. Ho chiesto
espressamente ai nostri di smetterla con queste posizioni. Se c’è da
rompere su questo l’unità europea che si rompa», aveva sbraitato il
primo ministro super-europista ma disposto a chiudere bottega per
l’amico israeliano. A quanto pare, però, i «nostri» non hanno capito e
mercoledì hanno addirittura votato a favore di sei risoluzioni che
dicono esattamente quello che l’Onu dice da cinque decenni: Israele è
una forza di occupazione.
Ma a peggiorare la situazione c’è
proprio la risoluzione su Gerusalemme, che ricalca quella Unesco. Ancora
ci si chiede se Renzi l’abbia davvero capita quella mozione,
assolutamente coerente con il diritto internazionale: tutelare un
patrimonio mondiale, la Città Santa, le sue ricchezze architettoniche e
storiche, le sue radici.
Secondo Tel Aviv l’Unesco puntava – con
scopi politici – a negare i legami dell’ebraismo con Gerusalemme e il
Muro del Pianto, quando in realtà ribadiva la contrarietà agli abusi
delle autorità israeliane, in particolare contro la Spianata delle
Moschee, e il tentativo palese di modificarne lo status quo. Pratiche di
lungo periodo: raid, attacchi, arresti nel terzo luogo dell’Islam, ma
anche l’autorizzazione ad entrare a gruppi estremisti ebraici come mera
provocazione e gli scavi che – quasi in segreto – Tel Aviv porta avanti
da tempo sotto il sito religioso.
La diplomazia italiana, è
probabile, ha capito bene il contenuto e ha votato mercoledì in linea
con la posizione ufficiale di Roma sul conflitto. Nello specifico, la
risoluzione su Gerusalemme, A/71/L.22, passata con 149 sì, 7 no e 8
astenuti, «reitera la determinazione [dell’Assemblea Generale] per la
quale ogni azione presa da Israele, il Potere occupante, volte a imporre
le sue leggi, la sua giurisdizione e la sua amministrazione sulla Città
Santa di Gerusalemme sono illegali e dunque nulle e prive di validità e
chiede a Israele di interrompere immediatamente tutte le misure
illegali e unilaterali».
Ovvia la voce che si è alzata dallo
scranno israeliano: sostenere le risoluzioni significa non aiutare la
pace, ha detto l’ambasciatore Danon. Che se l’è presa anche con il
presidente dell’Assemblea Generale: durante le votazioni (indette
nell’ambito della sessione speciale che si tiene ogni anno il 29
novembre in occasione della Giornata internazionale di solidarietà con
il popolo palestinese) Peter Thompson ha indossato una sciarpa con i
colori della bandiera palestinese.