il manifesto 2.12.16
Il sindaco di Genova
Doria: dico No, la riforma non va bene Ma poi ci sarà una sinistra da ricucire
Fronte
dei sindaci. Il primo cittadino di Genova si distingue da Pisapia e
Zedda. Ma avverte: dal 5 di nuovo tutti uniti contro i populismi
di Daniela Preziosi
Ha
aspettato fino quasi all’ultimo per pronunciarsi, spiega il sindaco di
Genova Marco Doria, perché il voto popolare gli ha dato «una
responsabilità precisa in forza di un patto stipulato in cui ovviamente
non era e non poteva essere prevista qualsivoglia posizione da tenere in
occasioni di un referendum». Ma il suo è un No. Una scelta personale,
ha scritto ieri su facebook in un lungo post che argomenta nel dettaglio
le sue convinzioni. Una scelta «rispettosa» di quella di molti
consiglieri della sua maggioranza – la forza maggiore è il Pd, e anche
nella sua ‘Lista Doria’ le opinioni sono diverse. Ed è un no «di
merito», non rivolto al governo di cui ha pure apprezzato «l’impegno
deciso nell’affrontare il disastro del dissesto idrogeologico», quello
«ad accogliere i profughi che giungono in Italia, in coerenza con
inderogabili principi di solidarietà e senza lasciare spazio a razzismo e
xenofobia».Quanto alla modifica costituzionale però, «nel complesso
ritengo che la proposta non cambi in meglio la nostra Carta».
Il
ragionamento però non finisce con il 4 dicembre. Anzi, il cuore del
discorso del sindaco sta nel disegnare il dopo-referendum. Doria,
indipendente di Sel e protagonista di primo piano di un’area di sindaci
eletti da una coalizione che stanno di fatto muovendo il quadro della
sinistra italiana, sa di avere molti occhi puntati addosso. Anche molte
aspettative. E non tanto riguardo alla sua città, che pure il prossimo
anno tornerà al voto: e se non ci tornasse con un centrosinistra unito
potrebbe consegnare le chiavi ad altri, com’è successo un anno fa alla
regione Liguria. Ma quella delle prossime amministrative sarà un’altra
storia. la questione che pone oggi Doria va al di là di Genova. I suoi
colleghi Giuliano Pisapia e Massimo Zedda, uno ex sindaco di Milano e
l’altro sindaco di Cagliari, provenienti dalla stessa area politica,
hanno fatto molti passi indietro rispetto alla nuova forza Sinistra
italiana, accusandola di fatto di avviarsi verso l’isolamento. E al
referendum hanno deciso di non schierarsi con il No utilizzando parole
arzigogolate se non per dire Sì almeno per tenere unita l’area del
centrosinistra che sostiene i governi delle loro città, fatalmente
spaccata con il referendum grazie anche alla campagna pesantissima del
Pd renziano.
La preoccupazione di Doria è quella del futuro del
centrosinistra. «Tanti cittadini genovesi e italiani che voteranno sì o
no condividono valori e visioni della società in cui mi riconosco, che
sento miei», scrive. «Per affrontare le questioni del nostro tempo
bisogna costruire intese che ci consentano di guardare oltre il momento
del 4 dicembre, di affermare una linea che faccia crescere il paese,
riduca le diseguaglianze, tuteli l’ambiente». Contrastandole spinte
populistiche, scrive. «Non è un impegno agevole ma è assolutamente
obbligato e deve vedere uniti tanti che il 4 dicembre non si
esprimeranno nello stesso modo».