il manifesto 2.12.16
Il vitalizio in Costituzione. La casta ringrazia
di Felice Besostri
Caro
dr. Matteo Renzi, Presidente del Consiglio dei Ministri, pur essendo io
un tenace avversario della sua riforma costituzionale, e così della sua
legge elettorale che assieme a un pool di avvocati sono riuscito a
portare davanti alla Corte costituzionale, devo ringraziarla per aver
costituzionalizzato il mio vitalizio di ex senatore (nella tredicesima
legislatura) e con il mio quello di migliaia di altri ex parlamentari o
loro superstiti, coniugi o compagni e compagne e di vita: 2.700 elettori
circa. Il suo è stato un atto di generosità fatto con discrezione.
Evidentemente non doveva accorgersene nessuno, né i parlamentari né gli assatanati populisti, anzi soprattutto loro.
Purtroppo
la mia acribia di oppositore mi ha fatto leggere tutto il testo della
legge di revisione e così anche l’articolo 40 (disposizioni finali),
comma 3, ultimo periodo: «Restano validi ad ogni effetto i rapporti
giuridici, attivi e passivi, instaurati anche con i terzi». Una norma
estranea alla materia costituzionale. Una formulazione talmente ampia e
generica, che non sistema solo disinvolte operazioni contrattuali delle
Camere in autodichia, ma anche e per sempre i nostri vitalizi. Se ne
vuol discutere pubblicamente il mio ringraziamento al suo cospetto
suonerà ancora più forte.
Ciò non ostante, spero e mi do da fare
perché il No vinca, sono un sentimentale costituzionale da quando ho
potuto sentire dal vivo Calamandrei a Milano nel 1955. Per questo mi son
battuto con i colleghi Bozzi e Tani contro il Porcellum e con un
centinaio di avvocati abbiamo coordinato 23 ricorsi contro l’Italicum,
di cui 5 già arrivati alla Corte Costituzionale. In ogni caso devo
ringraziarla per il suo generoso, ma spero infruttuoso, tentativo di
resistere alla demagogia di questi tempi. Viva i vitalizi.
Devo
però aggiungere, proprio in quanto ex senatore, che mi disturba alquanto
l’ingannevole quesito sul quale siamo chiamati a votare. Tra le tante
domande cui dovremmo rispondere il 4 dicembre con un sì o con un no, c’è
infatti quella relativa alla «riduzione del numero dei parlamentari».
In realtà, come ormai tutti hanno capito, si tratta della riduzione di
soli 220 senatori elettivi. Forse in questo caso anche lei, dottor
Renzi, ha ceduto alla demagogia. O forse si è contenuto, poteva infatti
scrivere «riduzione di 200 poltrone di superflui senatori».
Se non
che c’era il rischio che, in un sussulto dignità, alcuni senatori
potessero provare a emendare il titolo del disegno di legge
costituzionale. Che invece è rimasto quello stabilito dal governo dal
principio, grazie anche alla collaborazione – ex art. 83 comma 4 della
Costituzione – di Giorgio Napolitano, allora presidente non emerito.