il manifesto 2.12.16
Colombia, un accordo di pace dedicato al Comandante
Ora
resta in sospeso un accordo con l'altra guerriglia storica, quella
guevarista dell'Esercito di liberazione nazionale (Eln), nata nel 1964
di Geraldina Colotti
Un
accordo dedicato a Fidel. I movimenti dell’Alba hanno salutato così
l’approvazione del piano di pace tra Farc e governo Santos, da parte del
Senato e del Parlamento. “Dalla Nostra America difendiamo il processo
di pace con giustizia sociale perché capiamo che la pace della Colombia è
la pace del continente”, hanno scritto i movimenti, riuniti a Bogotà
fino al 4 dicembre .
Per il presidente Manuel Santos, da oggi
parte il “giorno D” (ove D sta per dia, giorno), con vicino un numero:
sempre maggiore via via che si avvicina il momento di concludere la
smobilitazione della guerriglia marxista delle Forze armate
rivoluzionarie colombiane (Farc). Un percorso che dovrebbe terminare
entro il 30 dicembre, quando scadrà il cessate il fuoco bilaterale. Per
quella data, anche l’ultimo dei circa 6.000 guerriglieri avrà trovato
asilo nelle 27 zone di transizione, e avrà consegnato “fino all’ultima
arma” nelle mani dell’Onu. Intanto, dovrebbe essere applicata l’amnistia
per consentire ai combattenti di rientrare nella vita politica. Le Farc
hanno già annunciato l’intenzione di costituire un partito politico e
di voler tenere un primo congresso già l’anno prossimo, per decidere in
che forma partecipare alle elezioni – parlamentari e presidenziali – del
2018.
Gli accordi prevedono che potranno usufruire dei
finanziamenti pubblici ai partiti e che disporranno di diritto di 5
seggi in entrambe le camere per due legislature. Santos non può più
ricandidarsi e i giochi politici sono già aperti. Si parla di una
candidatura del mediatore Humberto de la Calle, che ha condotto
all’Avana le trattative con le Farc per conto del governo. Il campo di
estrema destra – il Centro Democratico, dell’ex presidente Alvaro Uribe e
il Partido Conservador – pensano all’ex candidata Marta Lucia Ramirez e
all’ex procuratore Alejandro Ordonez, per anni il Torquemada uribista.
Il
dialogo tra Farc e governo, iniziato in Norvegia grazie al sapiente
lavoro diplomatico di Fidel Castro e di Hugo Chavez, è proseguito
all’Avana alla fine del 2012 e si è concluso con l’annuncio del
raggiunto accordo, il 26 agosto. La firma ufficiale è stata formalizzata
un mese dopo a Cartagena, nel corso di una cerimonia internazionale.
Nonostante il parere contrario della sinistra e delle Farc, Santos ha
però insistito per sottoporre gli accordi a referendum. E, il 2 ottobre,
il No ha vinto, seppur di misura (50.000 voti). Uribe e tutto il campo
del paramilitarismo che rappresenta hanno condotto una virulenta
campagna facendo leva sulla paura del comunismo e del
“castro-madurismo”. Dopo la sconfitta, Santos – insignito comunque del
Nobel per la Pace – ha rinegoziato un nuovo accordo in 40 giorni,
assumendo parte delle proposte del No. Poi ha sollecitato entrambe le
Camere ad adottare una procedura d’urgenza. E giovedì si è avuto l’ok
definitivo, nonostante la pervicace opposizione dell’estrema destra,
capeggiata in Parlamento da Ordonez.
Ora resta in sospeso un
accordo con l’altra guerriglia storica, quella guevarista dell’Esercito
di liberazione nazionale (Eln), nata nel 1964. Nel 2014, il senatore
colombiano e difensore dei diritti umani, Ivan Cepeda ha reso noto che,
all’Avana, erano in corso trattative anche con l’Eln, con il patrocinio
del Venezuela e dell’Ecuador. La guerriglia ha confermato i primi passi
di un accordo e il 19 maggio ha firmato il cessate-il fuoco insieme alle
Farc. L’Eln non ha però mai nascosto le sue riserve rispetto
all’accordo realizzato dalle Farc. Tuttavia, il 10 ottobre, a Caracas,
c’è stato l’annuncio dell’inizio ufficiale delle trattative, proseguite
poi in Ecuador.
Il dialogo è stato messo in crisi dalle uccisioni
di alcuni guerriglieri, sia delle Farc che dell’Eln, e ora l’Onu sta
indagando sulla violazione del cessate il fuoco. Il governo ecuadoriano
ha denunciato il tentativo di tagliar fuori la guerriglia guevarista
dagli accordi di pace. E, infine, dopo la decisione del Parlamento
colombiano a favore della soluzione politica, è arrivato l’annuncio del
governo Santos: le trattative riprenderanno il 10 gennaio.
Ma,
intanto, i leader sociali continuano a cadere sotto il piombo dei
paramilitari, che hanno affisso manifesti inquietanti per le vie della
capitale: annunciano l’intenzione di “fare pulizia”, eliminando una
serie di persone di cui viene pubblicata la foto… Molte comunità
contadine temono che la smobilitazione delle guerriglie costituisca una
nuova trappola per lasciarle senza protezione. L’ombra del massacro
della Union Patriotica, avvenuto durante gli anni ’80 dopo un precedente
accordo di pace, è ancora ben presente.