il manifesto 2.12.16
«Difendiamo la nostra Carta». Il no dei cigiellini è compatto
Referendum.
Delegati e segretari spiegano le ragioni del voto: stiamo sul merito,
il premier non c’entra. I lavoratori pubblici dopo la firma dell'accordo
sugli 85 euro di aumento: «Bene le linee guida, ma sulla riforma Boschi
ci esprimiamo in assoluta autonomia»
di Antonio Sciotto
Un
No «consapevole» e «responsabile», mai di pancia, e che non può farsi
carico dei ricatti e catastrofismi diffusi in questi giorni sul dopo
referendum: la segretaria Cgil Susanna Camusso, Carlo Smuraglia
dell’Anpi e Francesca Chiavacci dell’Arci ieri hanno diffuso l’ultimo
appello per il voto di domenica sulla riforma Boschi. «Non si tratta di
una legge ordinaria ma della Costituzione, la nostra Carta
fondamentale», perciò l’invito è a esprimersi sul contenuto, perché
«modifiche sbagliate e destinate a non funzionare, così come lo
stravolgimento del sistema ideato dai Costituenti, avrebbero effetti
imprevedibili e disastrosi per l’equilibrio dei poteri, per la
rappresentanza, per l’esercizio della sovranità popolare, in sostanza
per la stessa democrazia».
La Cgil, pur non essendo entrata nel
Comitato del No (a eccezione della Fiom), si è comunque impegnata in
questi mesi per difendere l’integrità della Carta e in chiusura di
campagna ci sembra utile riportare alcune riflessioni di delegati e
segretari sindacali.
GIORDANA PALLONE lavora all’Ufficio riforme
istituzionali della Cgil, quello dove si sono elaborate l’analisi e la
critica della riforma renziana: «Abbiamo individuato tre macro aree su
cui interviene il testo che dovremo votare domenica – spiega – Il nuovo
Senato, il Titolo V e i rapporti con le autonomie locali, i criteri per
l’elezione degli organi di garanzia. Abbiamo innanzitutto informato in
modo neutro i nostri iscritti alle assemblee, esponendo poi le nostre
perplessità. E soprattutto abbiamo sempre insistito su un punto: non si
vota sul governo o sul premier, ma sulle regole della democrazia, quelle
che determineranno le nostre istituzioni nei prossimi anni».
Secondo
la Cgil, «il Senato non darà vera rappresentanza alle Regioni, non solo
perché permane una confusione su come verrà eletto, ma anche perché è
facile prevedere che consiglieri regionali e sindaci si raggrupperanno
per appartenenza politica, non esprimendo le posizioni dei territori».
Sul titolo V si verifica «un accentramento a Roma», mentre «l’elezione
degli organi di garanzia rischia di essere subordinata alla legge
elettorale, facendo venir meno la certezza del bilanciamento dei
poteri».
Rischi che ravvisa anche PAOLO FANTI, professore
associato di Biologia applicata all’Università della Basilicata e
iscritto alla Flc. «La semplificazione di cui tanto si parla in realtà
si traduce in uno spostamento di poteri a favore dell’esecutivo»,
spiega. «Mi pare che si vogliano risolvere i problemi dell’Italia come
si fa con il nodo gordiano, con un taglio netto: ma la complessità, lo
vedo anche nei sistemi che studio in Biologia, non si può affrontare in
modo semplicistico». «La riforma punta solo sulla decisione, ma in
democrazia esiste anche il momento del confronto di pareri opposti, che
non si può tagliare con una scorciatoia».
È un no deciso anche da
parte di MARIA LUISA GHIDOLI, educatrice in un nido di Siena e delegata
Fp: «Mi pare – spiega – che ci sia un rischio per i nostri equilibri
democratici e per la possibilità di partecipazione». Ma la firma delle
linee guida per il contratto, siglate a quattro giorni dal voto, non
convincerà magari qualcuno dei dipendenti pubblici? «Sicuramente non me,
e credo neanche gli altri: voglio dire che ricordiamo bene i 7 anni di
vuoto contrattuale, e poi siamo abituati a stare nel merito».
La
stessa SERENA SORRENTINO, segretaria generale della Fp e che al tavolo
con la ministra Marianna Madia ha partecipato e poi firmato, ieri
twittava: «Se arrivo a un accordo che cancella leggi ingiuste #iofirmo.
Se fanno pessima riforma Costituzione #iovotoNo. È autonomia». Insomma,
tenere separati i rapporti con il governo dal giudizio sulla riforma.
Concetto
che aveva già espresso una decina di giorni fa il segretario Fiom
MAURIZIO LANDINI durante il confronto con il premier Matteo Renzi a In
mezz’ora: «Io non dico che Renzi è il pericolo della democrazia, ma
vorrei mantenere una Costituzione che, anche se cambiano i governi o
qualora dovesse arrivare il Trump di turno, possa tutelare la
democrazia. Perché i governi passano, la Costituzione resta».
Non è
facile prevedere come andrà il voto. I sondaggi, prima del silenzio
imposto dalla legge due settimane fa, davano il No in vantaggio, ma nel
frattempo tanta acqua è passata sotto i ponti: i vari endorsement delle
istituzioni internazionali e degli ambienti finanziari, la questione del
voto all’estero, il Sì di Romano Prodi. Nella sua scuola, lo
scientifico Primo Levi di Roma, l’insegnante e delegata Flc VINCENZA
MICCOLI però ha percepito una nettissima maggioranza di No.
«Per
tradizione non dico mai quello che voto io, ma posso testimoniare che
circa l’80% se non il 90% dei miei colleghi è per rigettare la riforma. E
devo dire che lo stesso ho notato facendo un piccolo sondaggio tra gli
studenti che voteranno». Certo, il campione è piccolo, ma è indicativo.
Anche perché in questo caso pesa l’insoddisfazione degli insegnanti.
«Siamo
stanchi, siamo i meno pagati in Europa e dopo la Buona scuola i carichi
di lavoro sono enormemente cresciuti. Anche gli stessi 500 euro dati ai
docenti: non si immaginano le file infinite, gli appuntamenti alle
Poste, la burocrazia che si deve superare per poterli utilizzare. Io
credo che al di là del merito, diversi insegnanti sceglieranno di dire
No per cercare di cambiare le cose».
Nel voto di domenica
confluiscono tanti elementi, per alcuni lavoratori senza dubbio si
caricherà anche di altri significati. Si deve fare uno sforzo per tenere
separati i vari temi: «Le difficoltà dell’Italia sono altre, non
derivano dalla Costituzione e non si risolvono con questa riforma»,
osserva MARIA GRAZIA GABRIELLI, segretaria generale della Filcams.
«Se
l’obiettivo è la riduzione dei costi della politica – riprende la
segretaria dei lavoratori del commercio e del turismo – è possibile
farlo con leggi ordinarie». «Non si tratta di essere contrari ad alcune
modifiche della Costituzione, come nel caso del bicameralismo perfetto,
ma devi decidere in quale direzione va il cambiamento. Noi non vogliamo
un cambiamento come viene prodotto da questa riforma, che ha l’unico
obiettivo di accentrare i poteri nelle mani dell’esecutivo a discapito
della democrazia e della sovranità popolare».