il manifesto 1.12.16
La totalità ermetica di Francor Fortini
Saggi. «Come ci siamo allontanati», un volume collettivo su Franco Fortini per Arcipelago
di Donatello Santarone
Il
titolo di questa raccolta di saggi – «Come ci siamo allontanati»
Ragionamenti su Franco Fortini, a cura di Luigi Carosso e Paolo Massari,
Arcipelago Edizioni, pp. 193 – richiama il primo verso di una poesia di
Fortini dedicata al suo grande amico e altrettanto grande poeta,
Vittorio Sereni. Vi emerge la lucida consapevolezza, di ascendenza
insieme biblica ed hegelo-marxista, che i nostri destini, pur importanti
e dialetticamente intrecciati, non si spiegano da soli, non si svolgono
nell’autosufficienza del soggetto.
C’È «ALTRO» che ci determina, e
questo «altro» è fondamentalmente la storia umana. Un insegnamento
tenuto sempre fermo da Fortini e che proviene da uno dei suoi maestri,
il poeta cattolico Giacomo Noventa, il quale affermava che la poesia non
ha tutti i diritti e che bisogna cercare più in là.
Si tratta di
uno dei massimi temi fortiniani in versi e in prosa, che attraversa in
forme e qualità diverse gli otto saggi dedicati allo scrittore
fiorentino in occasione del ventennale della morte (1994-2014). Essi
nascono quasi tutti da una serie di interventi, coordinati da Paolo
Giovannetti, svolti nella Libreria popolare di via Tadino a Milano.
Ezio
Partesana su Adorno, Emanuele Zinato su inconscio politico e
autobiografia, Filippo Grendene sul saggismo, Luigi Carosso sul
surrealismo, Elisa Gambaro sul poeta, Alessandro La Monica su Foglio di
via (la prima raccolta poetica di Fortini), Luca Daino sul giovane
Fortini ed Ennio Abate su Fortini collaboratore del manifesto, indagano
da prospettive diverse e con diversi strumenti critici la «totalità
concreta» di un poeta e di un critico-saggista tra i massimi del
Novecento. (Per una analitica recensione del libro, il rinvio è al testo
di Francesco Diaco, apparso sull’Ospite ingrato on-line, la rivista del
Centro Studi «Franco Fortini» di Siena (www.ospiteingrato.unisi.it).
LA
«TOTALITA’» DI FORTINI, cioè la sua capacità di parlare simultaneamente
di un verso di Tasso e di un contadino cinese, ha sempre indispettito e
reso sospettosi i politici e i letterati: i primi vedevano e vedono in
Fortini un intruso dilettante, i secondi un fastidioso salmista. Questa
commistione di saperi e linguaggi è, in realtà, la forza del poeta
fiorentino e fa ben sperare che tanti giovani studiosi – come testimonia
anche questo libro – oggi siano attratti proprio dal potente
allegorismo di Fortini.
CON IL PASSARE degli anni sembra tuttavia
mostrarsi la forza della poesia di Franco Fortini. In quel manierismo a
un tempo gioioso e ostile risiedono forse le cose più importanti che
egli ha voluto trasmettere. Di alcune verità neanche lui era consapevole
e certo, di alcuni versi neanche lui sapeva che cosa volessero
esattamente dire. E valorizzare il Fortini poeta, come ha fatto con
acume Giovanni Raboni, non vuol dire oscurarne la dimensione
politico-ideologica. Anzi. Dal calibratissimo filtro metrico, dalle
molteplici forme sperimentate nella poesia emerge la forza concettuale
del suo inquieto marxismo.
Vorrei concludere con una testimonianza
del critico Stefano dal Bianco riportato nel saggio della Gambaro: «La
verità è che Fortini è un mare. Sotto qualunque aspetto lo si visiti è
fagocitante. Ti tira dentro». A queste parole la Gambaro aggiunge un
sensato commento: «Questo corpo a corpo tende a ripetersi con tutti gli
autori davvero grandi con cui avviene di confrontarsi criticamente». Si
tratta di un auspicio importante, che ci invita a quella «fatica del
concetto» da cui troppi globe trotter della cultura oggi si sono
allontanati.
Vittorio Sereni
I versi per marcare una distanza
di Franco Fortini
Come ci siamo allontanati./ Che cosa tetra e bella.
Una volta mi dicesti che ero un destino./ Ma siamo due destini.
Uno condanna l’altro./ Uno giustifica l’altro.
Ma chi sarà a condannare/ o a giustificare / noi due?