il manifesto 1.12.16
Jean-Luc Nancy, un’intimità profonda e appassionata
Anticipiamo
la postfazione a «Del sesso» l’ultimo volume del filosofo francese da
oggi in libreria solo in Italia. Si tratta della prima raccolta di testi
di Jean-Luc Nancy sul sesso, (di cui alcuni stralci sono stati
anticipati sulle pagine del manifesto). Anteprima mondiale (non è ancora
uscito in Francia) nasce da due conferenze tenute a Bari in occasione
del Festival delle donne e dei saperi di genere
di Francesca Romana Recchia Luciani
Questa
postfazione a Del sesso di Jean-Luc Nancy non intende essere un
commento né tantomeno una spiegazione, una definizione ostensiva, una
delucidazione interpretativa o un appunto ermeneutico, quanto piuttosto
quel peritesto che guadagna dalla distanza ravvicinata col testo del
filosofo la sua ragion d’essere e il suo significato comunicativo e che,
nel situarsi stabilmente alla periferia del cuore del testo, reagisce a
e interagisce con esso. La sua paratestualità di scritto allografo sta
nella relazione col contenuto autografo non come mero contorno o pura
zona limitrofa ma con l’ambizione di stabilire con quello uno stretto
legame di senso, di rivelare la traccia di un’intimità profonda e
appassionata che assomiglia a quella che si stabilisce nel rapporto
amoroso e/o sessuale.
NOTA A MARGINE che, da questa provocata ed
eccitata, ambisce a irretire e circuire la scrittura che la precede, ad
aprirla, a penetrarla, osando impadronirsene senza mai possederla. Tre
testi quelli di Nancy – Il ‘c’è’ del rapporto sessuale-e poi, con la
relativa appendice Esclamazioni; Corpo nudo; Sexistence –, che
affrontano senza timori né reticenze un aspetto ineludibile della natura
relazionale degli umani la cui posta in gioco è la loro corporeità e
l’incontro sessuale che mette i corpi in connessione creando legami
orizzontali, nessi affettivi, interdipendenze. Tre scritti in cui il
pensiero e la scrittura attraversano spavaldamente quel crocevia dove il
corpo (si) fa sesso e il sesso prende corpo, la cui prima ambizione non
è la descrizione/spiegazione né la comprensione analitica di quel che
accade (o men che meno psicoanalitica, intorno alla quale si può sempre
continuare a interpellare Freud o Lacan o Irigaray, per citarne tre
soltanto tra innumerevoli) ma l’intrattenimento sapiente del pensiero su
quell’accadere. Essi prorompono da quell’incantato gioco linguistico
che la filosofia intraprende da sempre e in ogni luogo e che sgorga dal
thaumazein platonico-aristotelico, cioè dalla sgomenta meraviglia
dinanzi alle cose del mondo, originando l’intreccio tra phileîn (amare) e
sophía (sapienza) che nello spazio argomentativo che si apre qui
intorno al sesso, in quanto attività umana elettiva, giunge a rivelare
un’inconfessata e intima affinità tra eros e logos.
I TRE SAGGI
contenuti in questa raccolta fanno l’amore con il sesso e l’erotismo al
punto che parafrasando Platone («La filosofia, oggetto del mio amore»,
Gorgia) si può dire che qui eros non è tanto il soggetto di studio della
filosofia di Jean-Luc Nancy quanto il suo oggetto amoroso. Cos’è questa
filosofia che ama l’amore? È l’esercizio di un «pensiero amante», come
egli stesso lo definisce (Sull’amore, Bollati Boringhieri). Eros,
infatti, campeggia già da tempo nell’orizzonte di senso di Nancy, che vi
ha dedicato un certo numero di circoscritte riflessioni e molte
generose digressioni in libri e conferenze, ma in questa raccolta il suo
sguardo e la sua attenzione nei confronti dell’amore erotico e del
sesso giungono al punto di fusione investendo il proprio oggetto con
un’azione di decostruzione/estensione del senso che, penetrandone la
natura con le armi del pensiero, mette a fuoco il modo in cui l’immensa
potenza che il sesso reca in sé e con sé agisce su di noi. L’erotica che
ne emerge si dipana attraverso questi testi seguendo direzioni
eccentriche a partire dalle quali l’agire sessuale viene interrogato
senza pretese onnicomprensive, ma piuttosto scandagliato mettendone a
fuoco taluni suoi tratti caratterizzanti, ponendo cioè sotto la lente
d’ingrandimento certe particolari pieghe di senso che si offrono
all’approfondimento aprendo sempre ulteriori interrogativi e nuovi
sentieri di ricerca.
NELLA «METAFISICA dell’amore sessuale»
(intesa non come trascendimento ma come intensificazione della fisica da
cui proviene) che Nancy presenta in questa trilogia di testi non c’è
traccia dello stigma schopenhaueriano che condanna l’eros all’eterna
dannazione della monotona riproducibilità seriale di esemplari della
specie umana, perché non il fatto biologico della generazione col suo
côté produttivistico-poietico («Fare l’amore fa altro rispetto al fare
un figlio, anche quando lo fa») è qui l’interrogante quanto piuttosto la
constatazione che «il sesso è un abisso e una violenza: tramite la
seconda, che subiamo, cadiamo nel primo, dove non capiamo nulla». Semmai
qui riecheggia l’esclamazione stupita e dischiudente di Kant che,
scorgendo quell’«abisso» e quella «violenza», si ritrae dinanzi alle
spiegazioni possibili ma tutte ugualmente inadeguate, alle quali Nancy
contrappone la necessità, né esplicativa né analitica, ma coerentemente
filosofica di «pensare il sesso con il valore di un esistenziale – di
una disposizione inerente all’esercizio stesso dell’esistere». Se, come
Nancy scrive in Corpus (Cronopio) «l’amore è il tocco dell’aperto», fare
l’amore è un posizionarsi inconsapevole, un collocarsi instabilmente
«sul bordo di un ‘fare’ che fondamentalmente non fa che toccare il
duplice al di là dell’animale e del divino, due nomi che non dicono
altro se non che l’esistenza è la sua stessa deiscenza, una sexistence».
DEISCENZA
qui è un’apertura spontanea, uno schiudersi, per dirla con un
precedente Nancy, una «dischiusura» (déclosion): «Lo schiudersi del
mondo deve essere pensato nella sua radicalità lo schiudersi dello
schiudersi stesso e lo spaziamento dello spazio stesso . La dischiusura
conferisce allo schiudersi un carattere che lo rende simile
all’esplosione, e lo spaziamento sconfina nella conflagrazione» (La
dischiusura. Decostruzione del cristianesimo Cronopio). Tale deiscenza
come sexistence ci espone ogni volta, ripetutamente alla violenza e
all’abisso dell’intimità con l’altro/a che può darsi solo e soltanto nel
«mondo dei corpi» che «è il mondo non-impenetrabile nel quale sono i
corpi ad articolare lo spazio» (Corpus) esponendosi l’uno all’altro e
rivelandosi reciprocamente attraverso la sola possibilità di conoscersi
che ci è data dalla nostra condizione di corpi singoli e contigui: «gli
altri li saprò sempre come corpi. Un altro è un corpo, perché solo un
corpo è un altro» (Corpus).