il manifesto 15.12.16
Lo stato di salute del marxismo
«Testamento
politico e altri scritti contro lo stalinismo» di György Lukács, a cura
di Antonino Infranca e Miguel Vedda, per i tipi di Punto Rosso
di Marco Gatto
Per
i tipi di Punto Rosso, Antonino Infranca e Miguel Vedda hanno curato
una preziosa collezione di scritti di György Lukács, in gran parte mai
pubblicati in tradizione italiana. Testamento politico e altri scritti
contro lo stalinismo (pp. 176, euro 15) raccoglie saggi, lettere e
articoli del pensatore ungherese in grado di restituire un’immagine più
chiara della sua riflessione sui compiti della nuova democrazia marxista
e della sua diretta polemica contro Stalin. È noto che Lukács
lavorasse, negli ultimi anni della sua attività, alla prospettiva di
un’ontologia dell’essere sociale, che avrebbe dovuto tradursi anche e
soprattutto in un grande volume sull’etica.
In uno dei saggi più
corposi del volume, il filosofo ungherese propone una vera e propria
lista di questioni ritenute urgenti da affrontare per la salute del
marxismo: fra queste, senz’altro la lotta a una democrazia soltanto
formale, cioè regolata dal principio unificante del capitale, e la
battaglia a favore di un pensiero politico che, esaltando il lavoro come
momento di auto-educazione dell’uomo, sia capace di discendere, senza
demagogia, nelle mediazioni della vita quotidiana. In tal senso, Lukács
continua a pensare la realtà in termini hegelo-marxisti, puntando
l’attenzione sul principio di «mediazione», vituperato dal pensiero
conservatore contro cui il filosofo si batte, e che è poi l’oggetto
polemico, si ricorderà, di uno dei suoi libri più noti, La distruzione
della ragione, cui gli scritti raccolti in volume si ricollegano. Al
nichilismo Lukács contrappone un pensiero che sappia raggiungere il suo
significato storico riappropriandosi della tradizione, senza esaltare
l’ottica della rottura, bensì mediando se stesso in uno scambio
dialettico continuo col passato.
È questa forma di riflessione
che, a parere del Lukács maturo, garantirebbe alla democrazia marxista
la possibilità incarnarsi in una politica capace di dar vita a
«connessioni effettive e dialettiche fra vita pubblica e vita privata»,
senza che queste si pensino esclusive: «L’autocostruzione dell’uomo ha
preso un aspetto nuovo nel senso che si stabilisce, nel movimento
generale, un legame tra l’autoedificazione di sé e quella dell’umanità».
È
chiaro che tutto ciò presupponga, da parte di Lukács, e nello spirito
delle intenzioni di Infranca e Vedda, una posizione del tutto
anti-stalinista o un ripensamento delle rovine prodotte dal regime, a
fronte di una letteratura secondaria che ha spesso insistito sulle
compromissioni del pensatore. Il volume ha infatti questa ambizione:
offrire agli studiosi dei documenti che invalidino la tesi di un Lukács
incapace di svincolarsi dalle ragioni dello stalinismo.
A tal
proposito, accanto all’interessante scritto Oltre Stalin, la vera perla
del volume è la prima traduzione italiana di un interrogatorio della
polizia sovietica ai danni di Lukács, svoltosi nel 1941, allorché venne
accusato di essere il referente di una spia del governo fascista
ungherese. Si tratta di un testo molto drammatico, in cui Lukács afferma
con coerenza la sua posizione, non cedendo mai alle pressioni di chi
interroga. Scrive Infranca: «Adesso ci sono documenti a disposizione dei
lettori, che mettono davanti uno stalinista vero, l’interrogante, e uno
stalinista presunto, Lukács. ’Presunto’, perché questo stalinista è in
questo caso una vittima del regime stalinista, è in carcere e sta
rischiando una lunga detenzione nel Gulag o addirittura la morte».