il manifesto 14.12.16
Usa, i petrolieri al potere
Stati uniti. Le nomine di Donald Trump
di Luca Celada
LOS
ANGELES Con le ultime nomine di giornata Donald Trump mette gli ultimi
ritocchi a un progetto politico apocalittico, un governo-incubo che
promette di far sembrare le amministrazioni Reagan e Bush modelli di
ragionata moderazione. Nella fattispecie gli ultimi due annunci
allineano con rara onestà gli interessi strategici degli Stati uniti con
quelli dell’industria petrolifera.
IL PRIMO dei due annunci di
ieri riguarda la scelta di Rex Tillerson a Segretario di stato. Il
potere decisionale sulla politica estera, dal 20 gennaio risiederà
dunque nell’amministratore delegato della Exxon Corporation, gigante
fra le sette sorelle, ottava azienda mondiale e quinta per fatturato fra
quelle quotate in borsa. Il curriculum della Exxon è macchiato da
responsabilità per disastri ambientali come quello catastrofico della
Exxon Valdez in Alaska nel 1989, abusi di diritti umani soprattutto nei
paesi in via di sviluppo dove gestisce le operazioni di estrazione e il
finanziamento di lobby negazioniste sul mutamento climatico.
LA
NOMINA al dicastero chiave del governo Trump si inserisce nella dottrina
dell’affarismo propugnata dal presidente in pectore per cui non vi è
migliore garanzia di virtuoso governo che il successo negli affari. Di
Tillerson Trump ha dichiarato che «la tenacia, l’ampia esperienza e la
profonda comprensione geopolitica ne fanno una scelta ideale per
promuovere la stabilità regionale e la sicurezza nazionale degli Stati
uniti».
MA PIÙ CHE con la geopolitica la nomina ha a
che fare con la geologia e rappresenta un endorsement del petrolio
contro la conversione alle energie rinnovabili che Trump, amico del
carbone, considera una «truffa cinese» contro gli interessi economici e
lo spirito di impresa americana, che negli ultimi dieci anni ne hanno
fatto il maggiore produttore di idrocarburi grazie a tecniche di
fracking ed estrazione estrema (offshore e da sabbie bituminose).
BERNIE
SANDERS ha definito quella di Tillerson «una scelta tragica a che va
bloccata a tutti i costi». E qualche noia in fase di conferma
parlamentare la nomina invero potrebbe averla, specialmente per una
ragione: nel bel mezzo dello scandalo sugli hacker russi che avrebbero
favorito la sua vittoria, Trump ha infatti scelto per secretary of state
un «amico di Putin», insignito della «medaglia dell’amicizia» dallo
stesso presidente russo nel 2013 dopo la firma di un lucroso contratto
sulle concessioni dei giacimenti artici siglato fra Exxon e il
conglomerato russo Oao Rossneft. Le connection russe di Trump hanno
inquietato esponenti del Gop come Marco Rubio e John McCain che hanno
chiesto una commissione di inchiesta sul caso hacking. Entrambi hanno
espresso seri dubbi anche sulla selezione di Tillerson rimandando la sua
conferma all’esame del congresso sulla «limpidezza morale» del
candidato e possibili conflitti di interesse.
QUESTI ULTIMI sono
altresì chiaramente l’ultima delle considerazioni nella amministrazione
entrante. Ieri Trump ha annullato la conferenza stampa prevista per
domani in cui avrebbe dovuto delineare la «soluzione» ai suoi
tentacolari interessi economici in America e nel mondo. Nella versione
di Trump, invece, gli interessi industriali della Exxon sono garanzia di
«una vasta esperienza nel affrontare efficacemente ogni tipo di governo
estero». Gli «enormi affari in Russia» della società ne sono un
lampante esempio. Tutte indicazioni di una prossima politica estera
americana che si profila sempre più plausibilmente filo-russa e
anti-cinese come anticipato con gli elogi pro-Putin e gli anatemi di
Trump contro Pechino.
C’È STATO il tempo a malapena di assorbire
l’enormità della nomina di Tiller che Trump ha fatto un’altra
importante designazione nel reparto demolizioni del suo esecutivo,
chiamando l’ex governatore del Texas Rick Perry a dirigere il ministero
per l’energia. Perry è ricordato soprattutto per la gaffe monumentale
fatta a un dibattito nel 2011 quando da candidato presidenziale ha
promesso l’immediata abolizione di tre ministeri: commercio, pubblica
istruzione e …un terzo che al momento proprio gli sfuggiva. Gli scrosci
di risa seppellirono allora le sue ambizioni presidenziali. In seguito
si sarebbe ricordato, il terzo dicastero da abrogare era il ministero
dell’energia a cui oggi ha ricevuto la nomina.
SI TRATTA di un
ministero di cruciale importanza strategica, non solo per la voce che ha
nelle politiche gas-petrolifere (cui Perry porta tutta la natural
simpatia di petroliere texano) ma anche per il controllo del comparto
nucleare – centrali ed armi atomiche e ricerca nucleare. L’ultimo
ministro era non a caso un fisico nucleare premio Nobel. Perry lavorò da
piazzista e ha una laurea breve in «scienze animali». Oltre alla non
proliferazione atomica l’energy department ha voce nell’antiterrorismo.
Più recentemente ha partecipato al programma Ballando con le Stelle. Un
curriculum da reality Tv e provata incompetenza che lungi dal costituire
un ostacolo nel prossimo governo Trump sembrerebbero semmai essere una
raccomandazione.
PIÙ SINISTRAMENTE Perry siede sul consiglio
della società che sta costruendo l’oleodotto, temporaneamente bloccato
dalla protesta della tribù Sioux in Dakota. La sua nomina lascia scarsi
dubbi riguardo i propositi in materia della prossima amministrazione.