il manifesto 13.12.16
L’inservibile «realpolitik» dei politici «pacificati»
Invocare
il realismo di un «renzismo senza Renzi» (o viceversa), come fanno -
tra gli altri - Pisapia e Asor Rosa è solo il segno della falsa
coscienza di questi tempi
Partito democratico, piazza del Popolo, Roma
di Paolo Favilli
Nella
grande confusione sotto il cielo evocata da Alberto Asor Rosa su questo
giornale (vedi il manifesto del 10 dicembre) si sprecano le esortazioni
a tenere ben fermi i piedi per terra, a dare prova di «realismo», cioè
della virtù politica per eccellenza. La «grande confusione», però,
esprime diverse forme di realismo.
Accennerò a due che, al momento, stanno interessando alcuni aspetti della discussione «a sinistra».
LA PRIMA È quella espressa da coloro che possono essere chiamati i «pacificati» con l’ordine naturale delle cose.
I
«pacificati» più indicativi, nel senso che producono scritti che ci
permettono di cogliere con chiarezza i meccanismi della «pacificazione»,
sono in genere giornalisti e autori televisivi con incursioni
letterarie. Oppure la stessa cosa ma con partenze diverse: non dal
giornalismo, ma dalla letteratura.
Si tratta, per lo più, di produzione letteraria «media», oscillante tra i diversi livelli della medietas.
La
letteratura più adatta, insomma, a dare conto dei percorsi che portano
alla convinzione che la realtà delle cose presente è, nei suoi
fondamenti, immodificabile e dunque è necessario fare la pace con chi è
stato l’interprete più conseguente, giustamente perciò vittorioso, delle
ferree leggi dell’economia e della trasformazione sociale.
LO
SGUARDO DELLA GRANDE letteratura, invece, esplora sempre i recessi delle
tensioni irriducibili, indipendentemente dalle concezioni
politico-ideologiche degli autori. Quando nel 1924 esce La montagna
magica, il Thomas Mann ideologico è ancora quello di Considerazioni di
un impolitico, un «neoconservatore», come, con molta imprecisione, è
stato definito. Ha prodotto forse un’opera di tensioni pacificate?
«Chi
non è socialista a vent’anni è senza cuore, chi è ancora socialista a
quaranta è senza cervello», ecco, il percorso dei nostri «pacificati» è
tutto interno alla logica di questo senso comune minimo. Una logica che,
pur nella inevitabile vittoria del cervello, permette di scrivere sui
tormenti del cuore.
Da questo punto di vista, la proposta Pisapia
di una «sinistra» distinta ma unita a Renzi è perfettamente
«realistica». Permette di conciliare la vittoria del cervello con gli
spasimi del cuore. I pacificati stanno con Renzi, ma hanno una diversa
«sensibilità». E «sensibilità» è la parola chiave di una «sinistra» dai
sentimenti delicati.
LA SECONDA DECLINAZIONE di realismo ha una logica del tutto diversa, estranea a qualsivoglia volontà pacificatoria.
Il
realismo riguarda piuttosto la dimensione del che fare qui ed ora in un
contesto politico passibile di sbocchi assai pericolosi. E che la
possibilità di sbocchi del genere sia tutt’altro che impensabile è,
purtroppo, un evidente dato di realtà. Per fare fronte a tali esiti,
realismo vorrebbe che, una volta liberatisi di Renzi, si ritornasse a
una coalizione di centro sinistra sul modello di quella del 2013: Italia
bene comune.
Mi pare, realisticamente, che la condizione
preliminare per il percorso indicato, il Pd che si libera di Renzi, sia
piuttosto improbabile.
Più probabile che Renzi si liberi di gran
parte dei suoi oppositori interni, i quali, del resto, non hanno mai
dimostrato particolare combattività. La storia degli ultimi tre anni di
«opposizione» è sufficientemente indicativa a proposito.
Inoltre
non è possibile prescindere dall’analisi della dinamica strutturale che
ha contraddistinto iscritti, gruppi dirigenti locali, sfere d’influenza
ecc. del Pd; dinamica che ne determina la fisionomia attuale. Tratti di
quest’analisi sono del resto già noti e pubblicati in studi specifici.
RENZI
E I SUOI sono potuti germogliare e diventare forti alberi fronzuti
perché le loro radici hanno affondato in un humus particolarmente
fertile.
È il caso di ricordare che nel 2012 il segretario del Pd
Bersani fu uno dei protagonisti della costituzionalizzazione del
pareggio di bilancio, cioè della costituzionalizzazione della teoria
economica chiave nelle forme attuali dell’accumulazione del capitale.
Una
vera e propria scelta di campo su un aspetto teoricamente, e
politicamente, dirimente. Non risulta che nella cosiddetta «sinistra»
del Pd sia in corso una riflessione vera sul senso profondo di quella
scelta.
In condizioni siffatte, anche un centro-sinistra
derenzizzato l’unica attenzione che potrebbe concedere alle ragioni
fondanti della sinistra, quelle legate alla «questione sociale», sarebbe
appunto uno sguardo da fuori e da lontano.
E comunque, perché lo
sguardo del partito di centro-sinistra possa rappresentare qualcosa di
più rispetto a una ricognizione di superficie, occorre in primo luogo
che la sinistra che si misura con le radici degli accadimenti sia
davvero una forza reale.
NELLA COSTRUZIONE DI questa forza sta
tutto il senso del nostro «noi». Intanto un elemento forte di
definizione di questo «noi» si è concretizzato in quella parte
dell’elettorato del No che ha correttamente letto nel tentativo di
manomettere la Costituzione un aspetto della questione sociale.
Una
forma di lotta di classe, in ultima istanza. Una precisa scelta di
campo, opposta a quella che ha determinato la costituzionalizzazione del
pareggio di bilancio.
Non è, ovviamente, una dimensione che possa
riguardare la cultura dei «pacificati». E infatti noi continuiamo a
cercare elementi di riflessione nei grandi libri, di Karl Marx, di
Thomas Mann…… I libri della medietas pacificata ci servono solo come
fonti per lo studio della falsa coscienza di questi nostri tempi.