il manifesto 11.12.16
L’esercito dei cloni, reclutato nelle consultazioni parallele a palazzo Chigi
di Andrea Colombo
Ministri:
chi entra, chi esce, chi balla. Niente esteri per Fassino, scalzato
dalla segretaria generale della Farnesina, Belloni. Boschi potrebbe
tenere rapporti col parlamento e pari opportunità, ma storce il naso
Trattandosi
di Matteo Renzi, ragazzo di play-station cresciuto a pane e Star Wars, e
con spiccate fantasie imperiali, non stupisce che sia un “governo dei
cloni”, quello definito nella girandola di incontri di ieri e di venerdì
a palazzo Chigi, con rara mancanza di senso dell’opportunità
istituzionale.
Il futuro premier, Paolo Gentiloni, è stato scelto
proprio perché considerato il più simile a un clone del dimissionario
(che per la verità sembra non sentirsi affatto tale). È probabile che,
una volta a palazzo Chigi, le cose cambino. Ma di certo la scelta di don
Matteo è stata dettata dalla convinzione di poter muover il suo
successore come una specie di marionetta. Resta a palazzo Chigi il
sottosegretario Luca Lotti, che clone di Renzi lo è da sempre. Manterrà
il potere di nomina e forse anche la delega ai servizi segreti. Meno
certa la presenza della ministra travolta dalle urne, Maria Elena
Boschi. Mattarella aveva detto chiaramente che una ministra per le
Riforme senza riforme non si poteva neppure proporre. Poco male: restano
le Pari opportunità e i Rapporti con il Parlamento, ma a recalcitrare
adesso è la regina: converrà accettare un ministero di seconda fila dopo
aver regnato?
La principale casella vacante è quella degli
Esteri. Per un po’ palazzo Chigi ha puntato su Piero Fassino, ma l’ex
sindaco di Torino è troppo vicino al nemico-amico Dario Franceschini.
Per depotenziare un esecutivo che prima va a casa meglio è Renzi propone
dunque la segretaria generale della Farnesina, Elena Belloni: uno
schiaffo a Mattarella e al governo «nel pieno delle sue funzioni». Ove
mai l’idea dovesse rivelarsi azzardata sarebbe pronto un altro clone, il
ministro dello Sviluppo Carlo Calenda, ma Renzi è tanto entusiasta
della sua scelta che difficilmente ci ripenserà.
Resterà al suo
posto anche Marianna Madia, come ricompensa per l’ottimo lavoro svolto
con la riforma della Pubblica amministrazione affondata dalla Corte
costituzionale. La brillante responsabile della Sanità Beatrice Lorenzin
dovrà invece il mantenimento del suo dicastero a sant’Angelino Alfano.
Renzi la avrebbe volentieri sostituita. Angelino ha minacciato di non
votare la fiducia. Diparte invece la ministra dell’Istruzione Stefania
Giannini, che in tre anni è riuscita a sollevare contro il governo
l’intero mondo della scuola: discenti, docenti, personale vario e un bel
po’ di genitori. Prenderà il suo posto un renziano doc, o clone che dir
si voglia. Di chi si tratti è incerto, probabilmente si tratterà di
Andrea Marcucci, già ventriloquo di Renzi a palazzo Madama. Più clone di
lui impossibile trovarne.
Lascia anche il ministro Giuliano
Poletti, che a sua volta vanta insuccessi storici come quel Jobs Act che
non ha aiutato l’economia, è servito a poco in termini di posti di
lavoro e in compenso ha falcidiato diritti peggio di un’alluvione. Non è
per questo che lascia il ministero del Lavoro, figurarsi, ma per scelta
personale. Lo sostituirà Teresa Bellanova, attualmente viceministra
dello Sviluppo economico, che viene dalla Cgil e dunque la si può
smerciare facilmente come apertura alla sinistra ma in realtà è
renzianissima.
Il listone dei sottosegretari non è ancora stato
definito: si può però scommettere che la nuova forza di maggioranza, la
verdiniana Ala, saprà farsi valere. Il governo è quasi pronto. La sua
composizione dimostra che a Renzi la mazzata del 4 dicembre non ha
insegnato proprio niente.