il manifesto 10.12.16
A pensionati e accoglienza i regali di Natale di Tsipras
Avanzo
primario . Il governo di Atene decide di redistribuire l'aumento
dell'avanzo primario di bilancio per misure di redistriduzione agli
assegni pensionistici più bassi e sgravi fiscali alle isole più
impegnate nell'accoglienza ai profughi
di Teodoro Andreadis Synghellakis, Fabio Veronica Forcella
Alexis
Tsipras ha deciso di rafforzare la politica sociale del governo. Il
leader di Syriza ha annunciato, infatti, che 617 milioni di euro
verranno redistribuiti a 1 milione e 600 mila pensionati che ricevono
meno di 800 euro al mese. Si tratta di un sostegno che in realtà gli
permetterà di avere nuovamente la tredicesima, tagliata per volere della
Trojka. Una misura resa possibile grazie al buon andamento dell’avanzo
primario: era stato fissato a 0,5% del Pil, mentre si attesterà
all’1,09% a fine anno. Risorse che saranno distribuite in modo equo: più
il reddito dei pensionati è basso, maggiore sarà l’aumento di cui
avranno diritto.
Va detto che in sei anni di politiche di austerità,
con tagli lineari e indiscriminati, i pensionati sono stati tra quelli
più duramente colpiti, pur essendo, per molte famiglie, l’unica fonte di
reddito certa.
Da Berlino – come prevedibile – già filtrano i primi
malumori, ma il governo a guida Syriza assicura che non ci saranno
ripensamenti. Inoltre, si è deciso di sospendere l’aumento dell’Iva per
tutte quelle isole che sono in prima linea nell’affrontare l’emergenza
dei profughi, tra cui Chios, Lesbo, Samos e Kos. Per Lesbo in
particolare, dove nelle ultime ore gli arrivi di profughi e migranti
sono tornati ad aumentare, secondo quanto filtra sinora, potrebbero
venir decise delle ulteriori agevolazioni fiscali.
«L’aumento
dell’Iva è una misura che è stata decisa e che ci siamo impegnati ad
applicare – ci tiene a precisare il premier greco Alex Tsipras – ma non
nel momento in cui i nostri concittadini portano sulle loro spalle il
peso di tutta l’Europa, nell’affrontare la crisi dei profughi».
Queste
misure rappresentano, quindi, una prima boccata di ossigeno. Malgrado
ciò, la situazione rimane difficile e le organizzazioni sindacali dei
pensionati hanno comunque deciso di scendere in piazza il 15 dicembre,
per chiedere maggiore sostegno alle politiche sociali, visto che secondo
il volere dei creditori, «le pensioni dei greci sono state
saccheggiate».
Per quanto riguarda l’annosa questione del debito
pubblico, l’Eurogruppo che si è riunito lunedì, ha deciso, tra l’altro,
che i tassi di interesse scendano all’1,5% e che gran parte di quanto
dovuto ai creditori possa essere saldato non in 28 anni, ma in 32 anni e
mezzo. Rimane aperto, tuttavia, il capitolo dell’avanzo primario, visto
che i creditori vorrebbero che nel 2018 si arrivasse al 3,5% del Pil,
rimanendo a questo livello per una periodo indefinito, che potrebbe
arrivare anche quasi a un decennio.
Il governo di Syriza sa bene che
il Paese non può sopportare obblighi così pesanti, che costringerebbero a
sacrificare le politiche di contrasto alla povertà, e sta cercando di
farlo comprendere all’Europa e all’Fmi. La posizione greca è che il
programma di aiuti – e quindi, gli interventi pattuiti – si concluderà
nel 2018 e, quindi, non deve essere decisa o richiesta nessun’altra
misura per gli anni a venire.
L’obiettivo è riuscire a far tornare il
Paese sui mercati entro l’anno prossimo, e stabilizzare, per un lungo
periodo, la crescita economica. Le sfide, tuttavia, sono continue e
molto impegnative: bisognerà vedere come si concluderà la trattativa sui
diritti dei lavoratori. Migliaia di greci, che hanno scioperato questa
settimana, hanno chiesto di dire «no» alla liberalizzazione dei
licenziamenti (come vorrebbe il Fondo monetario internazionale) e di
lottare per il ripristino dei contratti collettivi di lavoro.
Quanto
alle elezioni, Tsipras e il governo ripetono che si terranno
nell’autunno del 2019, alla scadenza naturale della legislatura.
Tuttavia, secondo molti osservatori, in caso di dati economici molto
favorevoli (anche se molto difficilmente influiranno subito sulla vita
dei greci) si potrebbe andare alle urne anche nella primavera o
nell’estate del 2017.
A meno che il primo ministro greco non decida
di aspettare, convinto che l’Europa debba comunque uscire dal vicolo
cieco dell’austerità (difesa ormai a spada tratta quasi solo da
Schauble), puntando anche a rendere più visibile la tanto agognata
ripresa, soprattutto con un calo percepibile della disoccupazione.