domenica 4 dicembre 2016

Corriere La Lettura 4.12.16
Delitti, lussuria: il brutto Rinascimento
Michelangelo attaccabrighe, Leonardo sodomita, Cellini ladro e assassino Nelle vite dei più grandi il segno di un’epoca sospesa tra splendore e volgarità carognesca
di Amedeo Feniello

Un pugno. Tutta la contraddizione di che cosa sia stato il Rinascimento ce la mostra un pugno. I fatti, per capire. È il 1491. Estate, pomeriggio. Un adolescente Michelangelo — ha appena 16 anni — sta nella basilica fiorentina di Santa Maria del Carmine. A ricopiare gli affreschi di Masaccio, nella cappella Brancacci. Però, non è solo. C’è lì con lui Pietro Torrigiano, di poco più grande. Sono pupilli dello stesso maestro, Bertoldo di Giovanni. Li immaginereste entrambi in contemplazione. Assorti di fronte alla bellezza. Invece no. Lavorano e chiacchierano. Chiacchiericcio di ragazzi. Ma non è un parlar facile. Michelangelo punzecchia Pietro. Dalle parole al sarcasmo e dal sarcasmo alle vie di fatto è un attimo. Il litigio cresce. Le voci diventano grida. Pietro si avventa. Con un pugno raggiunge in pieno viso Michelangelo. Un diretto secco. Che «quasi gli staccò la cartilagine dal naso», scrive il suo biografo, Ascanio Condivi. Al punto di lasciarlo a terra. Steso. Privo di sensi.
Chi se lo sarebbe mai aspettato? Che in un luogo sacro, mentre si sta a lavorare, a studiare, e si contempla Masaccio, proprio Michelangelo, il grande Michelangelo, provocasse una rissa? Nessuno. Oddio, oggi si sarebbe aggiunto: «E vabbè, che volete fare: sono ragazzi…». Ma qui stiamo parlando dell’icona del Rinascimento. Che, nella vulgata, anche da adolescente resta un gigante, se non «il» gigante, che sta studiando per diventare l’artista di tutti il più spirituale. Le cui emozioni non potevano che procedere dal tormento all’estasi, per riprendere il titolo di un celebre film. Una vita che, nel nostro immaginario, mai avrebbe potuto contemplare risse da strada — e men che meno in chiesa. Chi lo immaginerebbe allora come un teppistello qualunque?
Eppure è un pregiudizio. Ma un pregiudizio che piace. Ci piace pensare che forse i mecenati erano terribili, spietati, cinici. Ma l’artista… L’artista no! Soprattutto se pensiamo a quella stagione unica e irripetibile che fu il Rinascimento. Da cui siamo ancora sedotti. Dalla sua bellezza. Dalla sua eleganza. Dal suo equilibrio. Cosa che ci fa trascurare il suo lato contraddittorio. «Forse per l’aura romantica che ha poi circondato le sue conquiste culturali», come scrive Alexander Lee nel libro Il Rinascimento cattivo (Bompiani), «le pieghe più imbarazzanti delle vite degli artisti, i comportamenti più immorali dei potenti, i rancori e le paure irrazionali della gente comune sono molto spesso rimossi per preservare l’illusione della perfezione».
Invece, la contraddizione è il sale di questa straordinaria epoca dello spirito. Sospesa tra i due volti della natura umana. Tra Cielo e Terra. Tra sublimità e orrore. D’altra parte era lo stesso Pico della Mirandola a sostenere che «la libertà lega i due volti della natura umana rendendoli inseparabili. Angeli e demoni coabitano nel cuore dell’uomo in terribile e affascinante simbiosi. L’umanità aspira al cielo ma i suoi piedi restano nell’argilla».
Ripensiamo allora a Michelangelo, in questa prospettiva ambigua, tra il divino e il terrestre: certo, sapeva esser cortese, sensato, diplomatico e spiritoso. Ma era anche arrogante, permaloso, sprezzante e offensivo. Frequentava le osterie e non disdegnava le zuffe. Fu trasandato, disordinato, sporco, tormentato, attaccabrighe, soggetto ai capricci dei pontefici, passionale. Sensibile alle seduzioni dell’omosessualità neoplatonica, ma anche al rassicurante insegnamento della Chiesa e alle attenzioni di una colta, raffinata nobildonna, come Vittoria Colonna. E queste contraddizioni sono il patrimonio di altre grandi biografie. Ad esempio, Francesco Petrarca generò almeno due figli quando già era negli ordini minori. Leonardo da Vinci fu accusato il 9 aprile 1476 di aver sodomizzato Jacopo Saltarelli, giovane prostituto. Benvenuto Cellini fu assassino e ladro. E la musica del compositore e aristocratico Carlo Gesualdo raggiunse le più alte vette solo dopo che egli ebbe ucciso la moglie, il suo amante e forse anche il figlio.
No, non c’è alcuna denigrazione in queste notizie. Né curiosità morbosa. C’è piuttosto umanità. Col desiderio preciso, da storico, di mettere le cose a posto. Perché la nostra idea del Rinascimento spesso esclude più aspetti di quanti ne includa. Inchinandosi ai miti, ai giganti della cultura e dell’arte, le abituali definizioni tendono infatti a cancellare il quotidiano, il carnale, il sordido e l’antiestetico. Trascurano il fatto, aggiunge Lee, che «anche gli artisti più grandi hanno una madre, finiscono nei guai, vanno in toilette, si innamorano, si abbigliano più o meno bene e, a volte, sono tipi alquanto sgradevoli».
Perciò, quanto ci fosse negli uomini che vissero l’epoca rinascimentale, di contraddittorio e profondamente umano, va recuperato. Cogliendo, di questo tempo, ogni suo aspetto, compresi pugni, zuffe in cappella e nasi rotti. Con la consapevolezza che il Rinascimento non è consistito solo in una sequela di meraviglie culturali, ma è anche stato violento, carognesco, volgare. In parole povere, dobbiamo fuggire gli stereotipi e le convenzioni. E per quanto quel periodo rappresenti ai nostri occhi un’epoca di rinascita culturale e di splendore artistico in cui uomini e donne raggiunsero uno straordinario grado di civile raffinatezza, le sue conquiste «coesistettero con realtà che è impossibile non riconoscere oscure, turpi e perfino diaboliche. Banchieri senza scrupoli, politici venali, ecclesiastici lascivi, tensioni sociali e religiose, orridi contagi e stili di vita bizzarri ed eccessivi erano ovunque, e atrocità di ogni sorta furono commesse sotto lo sguardo impassibile delle statue poi ammirate da generazioni di visitatori».
Queste alcune considerazioni tratte dal libro di Lee, che condivido. Benché mi ricordino quella scena geniale del film Il terzo uomo di Orson Welles. La ricordate? C’è lui che parla a Joseph Cotten e osserva: «Sai che cosa diceva quel tale? In Italia sotto i Borgia, per trent’anni, hanno avuto assassinii, guerre, terrore e massacri, ma hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia, e che cos’hanno prodotto? Gli orologi a cucù».