domenica 4 dicembre 2016

Corriere La Lettura 4.12.16
La sinistra malinconica abita a Weimar
Enzo Traverso rievoca Marx, Gramsci e Guevara, ma il faro è Walter Benjamin
di Marcello Flores

Enzo Traverso torna a occuparsi di storia intellettuale in modo colto, brillante, problematico e comparativo, affrontando il tema della «malinconia» della sinistra nella storia del Novecento, una «epoca di fuoco e sangue» accompagnata da sconfitte continue e ricorrenti, una sorta di «rimemorazione dei vinti» che, sulla scorta principale di Walter Benjamin, permetta un rapporto del presente col passato ma anche col futuro, per non rassegnarsi «all’ordine globale fissato dal neoliberismo».
Nel libro Malinconia di sinistra (Feltrinelli) Traverso risale all’epoca di Marx e di Heine, di Blanqui e Louise Michel dopo la repressione della Comune di Parigi, di Rosa Luxemburg e Gramsci dopo la sconfitta della rivoluzione in Occidente, di Trotskij e Che Guevara durante l’esilio in Messico e la solitudine nelle montagne boliviane. Questa malinconia accompagna la storia del socialismo e dei movimenti rivoluzionari, ma sembra essersi interrotta con il 1989, momento a partire dal quale la promessa di liberazione del comunismo viene raccontata e percepita soltanto nella sua dimensione oppressiva e totalitaria. La dialettica del tempo storico, che per oltre un secolo aveva oscillato tra «utopie astratte e fantasiose» e «speranze anticipatrici», tra socialismo e barbarie, tra la spinta anticapitalista in Occidente, quella antiburocratica nei Paesi socialisti, quella antimperialista nel Terzo mondo, che tra gli anni Sessanta e Settanta sembrava avere riacceso quelle utopie e quelle speranze, sembra non solo sconfitta, ma conclusa: e oggi la storia del socialismo ci appare «una costellazione di sconfitte che si sono succedute ininterrottamente per quasi due secoli».
La malinconia che ha accompagnato queste sconfitte è, per Traverso, la premessa per «reagire e cominciare su nuove basi», non una consolatoria rappresentazione di disillusioni e narrazioni andate in frantumi, anche se tanto il lutto quanto la rassegnazione ne sono componenti essenziali.
A guidarlo in questo viaggio sono in gran parte pensatori, artisti, scienziati sociali della Repubblica di Weimar, punto centrale di un discorso che risale fino alla Comune di Parigi e torna alla rivoluzione spartachista, per proiettarsi poi nella rivolta del ghetto di Varsavia o verso la guerriglia nelle montagne latinoamericane.
In gran parte la riflessione di Traverso è un tentativo di fare i conti al tempo stesso col «pensiero critico» della scuola di Francoforte e con l’eredità di fatti storici concreti, attraverso la voce di chi — narratori, registi, artisti, filosofi — ha cercato di fissare la malinconia in un discorso che non vuole essere rassegnato, pur se si nutre particolarmente di sconfitte. La malinconia, infatti, «è uno degli affetti dell’atto politico». Quanto essa sia davvero ancora presente nei movimenti «antagonisti» di inizio millennio o non sia invece solo la narrazione efficace di un complesso e avvincente itinerario politico-culturale, potrà dirlo il lettore.