venerdì 9 dicembre 2016

Corriere 9.12.16
Il valzer delle correnti stringe il leader
Dalla minoranza ad Areadem ci si riallinea, con il segretario una cinquantina di deputati
I Giovani turchi sono decisivi
di Monica Guerzoni

ROMA Le centinaia di lettere di solidarietà arrivate al Nazareno nelle ultime ore, da ogni parte d’Italia, devono aver lusingato Matteo Renzi almeno un poco. E forse l’affetto epistolare di quegli italiani che ancora lo vogliono premier lo fa sentire meno solo, ora che nel Pd anime e casacche hanno ripreso vorticosamente a volteggiare.
Far la conta delle correnti e degli spifferi è un lavoro da certosini medievali e c’è sempre il rischio che, tra scrittura e stampa, qualche altro parlamentare abbia deciso di riposizionarsi. Verso quali lidi? La sirena che tutti seduce è, ancora una volta, Dario Franceschini. La sua sintonia con il Quirinale rassicura e attrae peones e capicorrente e, al tempo stesso, irrita e preoccupa Renzi.
Con i suoi cento parlamentari, tra cui i due capigruppo Rosato e Zanda, il ministro della Cultura e leader di Areadem ha dalla sua parte la maggioranza dei gruppi: un peso destinato a crescere a vista d’occhio, tanto che qualcuno già ne pronostica 130. Sulla carta dunque, Renzi è in minoranza. L’abbandono è stato repentino come lo era stato l’avvicinamento al nuovo capo, dopo la v ittoria alle primarie. I franceschiniani prestati al renzismo sono tornati a essere franceschiniani e basta, lasciando all’inquilino del Nazareno forse meno di cinquanta deputati.
Le cronache parlamentari li raccontano attovagliati tre sere fa in un’osteria romanesca tra Camera e Senato, su invito dei due toscani che si spartiscono la guida dei «falchi»: Maria Elena Boschi e Luca Lotti. Con loro, in ordine sparso, Alessia Morani, Davide Ermini, Alessia Rotta, Francesco Bonifazi. Nel menu tonnarelli cacio e pepe, tiramisù e un bel governo Renzi bis. Sempre a tavola hanno imbastito la linea i seguaci di Bersani e Speranza, tanto che da domenica sera nel Pd si litiga su se e quanto i parlamentari della minoranza abbiano alzato i calici, domenica a casa di Guglielmo Epifani. Bersani era a Piacenza, ma di certo il suo cuore era a Roma con i compagni, che ora guardano a un governo Franceschini senza alzare troppo il sopracciglio.
Ieri a metà pomeriggio girava voce di un accordo già fatto tra la minoranza — che conta una ventina di senatori e una trentina di deputati —, Areadem e i Giovani turchi vicini al ministro Andrea Orlando. Voce che Speranza però non conferma: «Non c’è ancora nulla, aspettiamo le consultazioni». Il trionfo del No ha rafforzato la sinistra non cuperliana, che aveva subìto perdite non irrilevanti in campagna elettorale. Un dalemiano storico come Ugo Sposetti ha votato Sì, giustificato dai colleghi che lo apprezzano come un «comunista doc, antico, partitico e disciplinato». La stessa scelta , per ragioni diverse, hanno fatto l’ex dissidente del Senato Vannino Chiti, Josefa Idem e i senatori Martini, Lo Moro, D’Adda, Bubbico, Sollo.
Il ministro Maurizio Martina non ha cambiato idea, resterà con Renzi anche nella cattiva sorte. Per ora. I 50 parlamentari di Primavera democratica, ribattezzati ironicamente «spring», sono la sua ricca dote. La balcanizzazione ha ringalluzzito anche i cattolici di Beppe Fioroni, che studiano raffinate trame al Falchetto, a pochi passi dalla sede dove Murri fondò la Dc: 30 parlamentari, legati a doppio filo all’area di Lorenzo Guerini.
L’ago della bilancia saranno però i Giovani turchi. La notte della débâcle aveva visto la rottura tra Orlando e Matteo Orfini, che si era chiuso a Palazzo Chigi senza consultare i suoi e sposando la linea «al voto, al voto». Ma la moral suasion di Mattarella, sussurrata da franceschiniani molto vicini al presidente come Francesco Saverio Garofani, ha convinto Orfini a frenare e riportato la calma tra i «turchi»: 40 alla Camera e 17 al Senato. Abbastanza per fare la differenza.